Perché a Renzi potrebbe convenire portare Bersani a Palazzo Chigi
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Esiste ancora una compatibilità tra il Pd renziano e il Pd non renziano? Apri quella porta, Matteo
di Claudio Cerasa | 05 Settembre 2015 ore 10:00 Foglio
Apri quella porta, Matteo. La settimana che si apre presenta molti spunti di interesse che meriterebbero di essere approfonditi con calma e con intelligenza. Ma tra i tanti temi che andranno a movimentare la riapertura del Parlamento c’è ne uno importante che riguarda il vero tema irrisolto del più grande partito italiano: il Pd. Il problema lo conoscete e lo abbiamo affrontato tante volte: esiste ancora una compatibilità tra il Pd renziano e il Pd non renziano? A voler stare all’inerzia di queste settimane non si può non notare che la distanza culturale che esiste oggi tra la minoranza del Pd e la maggioranza del Pd è forse maggiore rispetto a quella che esiste tra la maggioranza del Pd e la maggioranza di Forza Italia. Se poi a questo si aggiunge il fatto che le accuse che il fronte non renziano del Pd rivolge a Renzi sono accuse dure che rappresentano il segretario del Pd come se fosse un mezzo tiranno pronto a importare una dittatura per via costituzionale si capisce che sono fin troppi gli indizi che ci portano a credere che i destini dei due Pd siano da immaginare come alternativi l’uno dall’altro. Si dice, e abbiamo scritto anche noi, che molto dipenderà da come finirà lo scontro sulle riforme costituzionali ma anche lì alla fine il destino sembra essere segnato: virtualmente Renzi non ha la maggioranza in Senato ma in realtà la natura di questo Parlamento ci dice che ogni volta che è a rischio la durata della legislatura il Parlamento mette qualsiasi governo sempre nelle condizioni di far durare la legislatura. E dunque, per farla breve, la riforma passerà e Renzi andrà avanti. Ma una volta approvata la riforma, nell’attesa della terza lettura, il Fronte Non Renziano del Pd (FNR) dovrà rendersi conto che la sua esistenza nel partito è legata a una dolce impostura politica. Cioè. Davvero la sinistra del Pd pensa di essere credibile quando prova a sostenere che la sua distanza da Renzi è legata a vedute differenti rispetto alle priorità economiche? Davvero la sinistra del Pd pensa di essere credibile quando prova a sostenere che la sua distanza da Renzi è legata a vedute differenti rispetto alle priorità costituzionali? Davvero la sinistra del Pd pensa di essere credibile quando prova a sostenere che la sua distanza da Renzi è legata a vedute differenti rispetto alle priorità culturali?
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Ci si potrà girare attorno quanto si vuole ma il punto è che la vera differenza che separa Renzi dalla sinistra del Pd è legata a un concetto preciso che è quello, ancora, della paura dell’uomo solo al comando. La paura, il terrore, l’orrore, riguarda molte delle riforme messe in cantiere dal segretario del Pd e la riforma costituzionale in fondo è solo l’ultima di una lunga serie. Ma la sostanza è sempre quella: si dice che si ha paura dell’uomo solo al comando, della sua possibilità di decidere senza filtri, ma non si vuole dire in realtà che il problema non è che qualcuno decida qualcosa ma che quel qualcuno che decide qualcosa sia un qualcuno sbagliato. Il messaggio che arriva a Renzi insomma è più o meno questo: Matteo, non fare cazzate, perché se crei un sistema dove chi vince può comandare senza filtri se le cose finiscono male lasciamo un paese senza filtri a Grillo. Sull’idea che l’Italia che verrà sarà un’Italia senza filtri ci sarebbe molto da discutere (l’Italicum prevede un premio di maggioranza pari a 340 deputati, significa che bastano 25 Mineo per far cadere un governo; il quorum minimo necessario per scegliere il prossimo presidente della Repubblica non sarà più della maggioranza assoluta dopo quattro votazioni ma sarà tre quinti dei votanti dopo il settimo scrutinio; e anche i giudici della Consulta continueranno a essere scelti con un quorum minimo dei tre quinti dei membri delle due camere) ma ciò qui che ci interessa è mettere a nudo una piccola bugia culturale: il problema per la minoranza del Pd non è l’uomo solo al comando, il problema è che l’uomo solo al comando rischia di essere per chissà quanto tempo un politico estraneo alla rassicurante minoranza del Pd. Non è solo questo, ovvio, ma continuare a dare del simil fascista a Renzi è un modo per continuare a farsi del male ed è un modo per avvicinarsi sempre più ai Podemos che ai Governemos.
Si può andare avanti così? No. Proprio per questo, se non vogliono dividersi, i due ghiacciai dovranno sciogliersi, confluire di nuovo in un unico bacino, e ammettere quali sono i propri limiti. Da una parte Renzi dovrà capire, e forse lo sta capendo, che per governare bene è necessario aprire il proprio perimetro ed è necessario includere e non solo escludere. Dall’altra parte i non renziani del Pd dovranno capire che continuare a dire che Renzi è un mezzo fascista li rende automaticamente incompatibili con questo Pd e rende incomprensibile la ragione per cui l’FNR rimanga ancora in questo Pd. E’ difficile dire come finirà la battaglia tra i due Pd. E’ meno difficile dire che se Renzi non vuole far esplodere il Pd dovrebbe fare un passo per ricomporre la frattura. Non significa accettare le condizioni spesso pretestuose che la minoranza del Pd mette in campo per battagliare con Renzi. Significa qualcosa diverso. Significa capire che uno come Renzi e uno come Bersani possono avere idee diverse ma non possono che stare dalla stessa parte. La natura del Pd è quella e la si può cambiare fino a un certo punto. E forse per sanare la frattura tra i due Pd chissà che la soluzione migliore non sia aprire la porta e trovare un modo per portare Bersani a Palazzo Chigi con Renzi.
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