Se proteggi milioni di vittime devi avere poi il coraggio di combattere il loro nemico
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Le frontiere o sono chiuse o sono aperte. O fai del tuo paese una fortezza, oppure apri le frontiere e governi l’emergenza. Se accogli, ti metti in gioco. Se proteggi milioni di vittime di un nemico dell’umanità, devi pur sempre amandolo combattere il tuo e il loro nemico
di Giuliano Ferrara | 06 Settembre 2015 ore 06:00 Foglio
Fa un certo effetto sentire Angela Merkel che dice: “All’ospitalità tedesca per gli Asylanten non c’è limite alcuno”. Da tempo qui si riflette su tre cose importanti.
La prima è che le frontiere o sono chiuse o sono aperte. O fai del tuo paese una fortezza (padroni a casa nostra) e allora addio all’Europa della pace, del mercato unico e a tutto il resto dell’universalismo occidentale, non restano che la paura e l’auodifesa. Oppure apri le frontiere e governi l’emergenza. E per farlo non c’è altra strada che scuotere l’opinione, affermare la superiorità etica dell’asilo politico come diritto al rifugio e alla cura di chi è parte di un tragico esodo. Nel 2017 la Riforma protestante compirà cinquecento anni: la figlia del pastore luterano e il Papa di Lampedusa si stanno mettendo alla guida di una nuova Europa di antica radice cristiana, come volevano Wojtyla e Ratzinger.
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Devi però essere intimamente persuaso, la seconda questione, del fatto che accogliere e governare il dramma dei profughi non è una rinuncia multiculturale alla tua identità, ne è invece la massima riaffermazione storica. I siriani in marcia ai bordi della ferrovia sono il tuo prossimo, ma tu sei il buon Samaritano. Duemila anni dopo la parabola, è una responsabilità. Non basta la conversione. Gli stati e anche le unioni di stati, le nazioni moderne o principati nuovi non si governano con i paternoster. Devi sapere che i rifugiati vengono qui perché questa è la società in cui si può ottenere il vantaggio della pace e di una relativa prosperità, dell’istruzione e del rispetto della persona, uomo o donna, un rispetto fondato sulle libertà politiche e civili, su procedure e tradizioni antiche, su un’economia aperta, sulla laicità e sulla presenza della cultura cristiana nello spazio pubblico. Quando tendi la mano a milioni di persone in fuga dal fanatismo, il tuo gesto implica la sconfitta del fanatismo, quello non è accoglibile, con quello non puoi convivere. Mi aspetto che il Papa di Lampedusa e la Cancelliera figlia di pastore luterano abbiano la forza e l’integrità di rispettare le culture altre a partire dalla propria. Altrimenti sarà solo una resa.
Il terzo punto è infatti quello di fermare le guerre e i movimenti dell’islam politico che pretendono di trasformare il mondo in una umma o comunità maomettana. Se accogli, ti metti in gioco. Se proteggi milioni di vittime di un nemico dell’umanità, devi pur sempre amandolo combattere il tuo e il loro nemico. L’apertura delle frontiere europee sarebbe una tragica farsa senza una strategia per far mettere radici a pace e libertà dove queste sono conculcate. Con lo stesso vigore usato nel dire la verità del diritto d’asilo, i governi europei e quello americano dovrebbero affermare il diritto di intervento per strappare gli artigli alla bestia del disordine fanatico, della persecuzione etnica e religiosa, della distruzione delle memorie archeologiche che sono patrimonio dell’umanità, come direbbe l’Unesco. Forse adesso, e proprio adesso che l’autodifesa arcigna ha ceduto il passo a un governo attivo dell’esodo, bisognerebbe rileggersi i testi in base ai quali l’ultima classe dirigente occidentale che si sia messa all’offensiva dopo l’11 settembre del 2001 tentò una strategia di chiarezza morale, di riscrittura della mappa del Medio Oriente. L’universalismo delle libertà e la protezione della persona non possono fermarsi all’accoglienza umanitaria.
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