Il passo necessario dell’Italia con Putin
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Perché ha senso per Renzi negoziare sulle sanzioni. C’entra la Siria
di Redazione | 05 Settembre 2015 ore 06:18 Foglio
Se Matteo Renzi ha l’intenzione di far pesare gli interessi italiani nell’Unione europea a volte sorda ai suoi richiami sull’esigenza di condividere una risposta all’ondata migratoria, ha un’occasione da non perdere. Nei prossimi giorni si svolgerà la riunione intergovernativa chiamata a ratificare la proroga di altri sei mesi delle sanzioni nei confronti della Russia, dopo che gli ambasciatori europei hanno già raggiunto un accordo tre giorni fa. Si tratta di sanzioni inefficaci e autolesionistiche, adottate soprattutto per compiacere quei paesi dell’area orientale dell’Unione che hanno una ipersensibilità per l’egemonismo di Vladimir Putin – dalla Polonia, che ha dichiarato di non accettare la distribuzione continentale degli immigrati, all’Ungheria. Se anche le loro preoccupazioni per l’espansionismo russo sono storicamente e psicologicamente comprensibili, è evidente che oggi – con l’ombrello Nato ben aperto – paiono infondate e volte a sostenere forme di nazionalismo populista nella dialettica politica interna. Se chiedono la solidarietà europea su questo dossier, che danneggia in modo vistoso la bilancia commerciale italiana, non possono poi negare il loro apporto convergente alla soluzione di problemi che per noi sono vitali.
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Se Renzi lasciasse capire di essere ancora pronto a negare il consenso alla ratifica delle sanzioni, magari esercitando un diritto di veto sostanziale che si può concretizzare nella decisione di non applicarle in nessun caso, darebbe una prova di dignità nazionale e una lezione a chi pensa di poter gestire in modo asimmetrico l’interdipendenza tra i soci dell’Unione europea. D’altra parte sono molti i paesi europei che si rendono conto del vicolo cieco in cui si finisce con un appoggio non negoziabile al governo di Kiev, condizionato pesantemente da pressioni nazionalistiche dal carattere eversivo. Un passo deciso dell’Italia troverebbe sicuramente consenso, magari tacito, in tanti ambienti europei e avrebbe comunque il valore di un’affermazione di principio.
Né i rapporti bilaterali sono tutto. Come ha detto esplicitamente questa settimana il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, in una fase in cui la ferocia dello Stato islamico si presenta sulle nostre coste con il volto di migliaia di disperati in fuga, “innescare una escalation così forte con la Russia è incomprensibile”. Piuttosto un’Europa che si ponesse davvero il problema di fermare la guerra in Siria non potrà non valutare – a costo di andare a vedere se si tratta solo di un bluff – aperture a una “coalizione internazionale anti terrorismo” come quelle arrivate ancora ieri da Putin (che nel paese sostiene il dittatore Assad). Una nuova Jalta per la Siria è auspicabile, gli europei non possono escludere Mosca, ma intanto: fermare la guerra.
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