Contro Renzi i vecchi e i nuovi boss del Pd
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I guai si trovano in casa propria. I problemi a Matteo Renzi arrivano più dal proprio partito che non dalle opposizioni.
di Marco Bertoncini ,Italia Oggi 29.7.2015
I guai si trovano in casa propria. I problemi a Matteo Renzi arrivano più dal proprio partito che non dalle opposizioni. Inoltre, beninteso, giungono dalla conclamata incapacità di risolvere quelli che Daniele Capezzone, intervistato da ItaliaOggi (24 lug.), ha ben riassunto come “i tre cancri di questa Italia: tasse, spesa, debito”.
Le opposizioni, in Parlamento, talvolta alzano la voce e anzi gridano, ma, come ha notato Renato Mannheimer (ItaliaOggi, 28 lug.), “meno si dà da fare in Parlamento, più fa protesta nel Paese, e più il M5s prende voti”. L'arrivo di qualche aiutino da Verdini & C. consola Renzi per una parte dei danni che gli procurano o cercano d'infliggergli gli importuni Gotor, Casson, Mineo, dietro i quali stanno collaudati ras, quali D'Alema e Bersani. Ecco: proprio gli antichi capintesta del Pds non mollano.
La periferia resta una grande incognita per Renzi. I suoi oppositori vogliono mobilitare in permanenza circoli e province e organi territoriali vari, non per il Pd, bensì contro la nuova coloritura che l'odiato e odioso segretario intende dare al partito. Eppoi ci sono grane locali che hanno riflessi nazionali. La perdita d'immagine della capitale, senza precedenti per rilievo sui mezzi d'informazione perfino mondiali, trascina con sé il sindaco che proclama di puntare al 2023 e, con lui, l'intero Pd e Renzi, il quale avrebbe preferito un obbediente ritiro dell'impopolare primo cittadino. Ma a guidare importanti regioni sono personaggi distanti dal presidente del Consiglio: a parte il siciliano Crocetta (in Trinacria saranno sempre possibili salvataggi elettorali in extremis, con inverosimili alleanze), né il pugliese Emiliano né il campano De Luca sono in sintonia con palazzo Chigi.
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