Tutte le conseguenze del disamore nel campo minato del centrodestra
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Salvini vince facendo il duro, ma se vuole governare deve cambiare pelle. Intanto Alfano si perde mezzo Ncd
di Redazione | 01 Giugno 2015 ore 20:08 Foglio
Roma. “Sono l’anti Renzi, lo dicono i numeri”, esulta Matteo Salvini, leader della Lega che supera Forza Italia. E nel cosmo del centrodestra è tutto un rivolgimento, festante per Salvini, un po’ meno per Berlusconi che tuttavia si mantiene intorno al 10 per cento nazionale, decisamente cupo per il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. Ed è infatti nel partito del ministro dell’Interno che si avvertono pericolosi scricchiolii, segnali che alludono a un marasma scissionistico pronto a esplodere nei prossimi giorni. “E’ finita la nostra missione nel governo”, dice Nunzia De Girolamo, ex ministro ed ex capogruppo. “Non si può uscire dal governo”, sostiene invece Beatrice Lorenzin, ministro della Salute. “Dal voto esce un risultato chiaro”, dice lei, “Renzi non deve guardare solo a sinistra”. E insomma nel partito di Alfano esistono due gruppi, destinati quasi certamente a separarsi nelle prossime settimane: quelli che tendono verso destra, che rivorrebbero Berlusconi, e quelli invece attratti dalla sinistra di Renzi.
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Salvini è patriota a Roma, nordista al nord, sudista al sud e furbetto ovunque Tesoro, mi si è ristretta la rottamazione “Non si possono fare le riforme con Renzi mentre ci si allea con Salvini”, dice il vicecapogruppo di Ncd alla Camera, Sergio Pizzolante, che preferisce Renzi. “Dobbiamo sfidarlo a non arrendersi e ad accelerare sulle riforme. Dobbiamo guardare alla cultura riformista e di governo che esprime Renzi”. E insomma il botto di Ncd è dietro l’angolo, par di capire. Alcune settimane fa era stato il senatore Andrea Augello (Ncd) a ipotizzare addirittura l’uscita dei centristi dal governo per il dopo regionali. Possibile? “Possono fare tante cose, ma non andare a sinistra”, dice il professor Giovanni Orsina, editorialista della Stampa. “Queste regionali hanno dimostrato che Renzi non sfonda nell’elettorato moderato che apparteneva a Berlusconi. Dunque adesso è prevedibile che, se vorrà avanzare con le riforme, il premier dovrà parlare con la sinistra del Pd. E se Renzi riapre la partita con la sua minoranza interna, Beatrice Lorenzin e gli altri che guardano a sinistra che ci vanno a fare con Renzi?”. E quasi Orsina sembra dire che non esiste più uno spazio politico per Alfano accanto al presidente del Consiglio. Ma chissà. Per il momento, per i centristi, non esiste nemmeno uno spazio a destra, diventata terra di conquista (anzi terra conquistata) per un Salvini che viaggia intorno al 15 per cento dei consensi a livello nazionale. “Con Alfano mai”, ha ripetuto ieri il capo della Lega. Parole chiare. “Per Berlusconi è diverso”, ha spiegato, “la porta per Forza Italia è aperta. Non per Alfano. Sono io il leader del centrodestra? Non devo convincere nessuno, nemmeno il Cavaliere che è un uomo saggio e i numeri li sa leggere come li leggo io”.
E davvero è il giorno di Salvini, leader immoderato dei moderati. “Può sembrare un paradosso”, dice Orsina, “ma la Lega è il primo partito del centrodestra. E la leadership di Salvini è in qualche modo un fatto”. Ma Salvini non sembra avere il linguaggio, né il codice, né l’estetica del federatore, ruolo che per sua natura richiede un certo grado di moderazione. Può impararlo? Può sottoporsi a una revisione genetica? E’ questa la grande domanda che si fanno tutti, compreso Berlusconi, in queste ore ad Arcore, e tutto sommato contento perché il suo Giovanni Toti, malgrado l’arretramento di Forza Italia, è diventato presidente della Liguria. “Salvini è abbastanza spregiudicato da sapersi riadattare alle condizioni date”, dice Luca Ricolfi, politologo ed editorialista del Sole 24 Ore. “Allo stato attuale sembrerebbe impensabile che lui possa guidare una coalizione che si candida al governo. Eppure Salvini ha già cambiato pelle molte volte nella sua vita. Quando cominciò quindici anni fa era molto meno arruffato di come si presenta oggi. E il Salvini di piazza, quello che urla, non è lo stesso di quello che va in tivù. Lui è un camaleonte. Basta che si pettini e si tolga l’orecchino, poi è perfettamente capace di recitare il ruolo”. Ma al sud non prende voti. “E invece, in Puglia, il suo risultato è straordinario”. Ha preso il 2 per cento. “Appunto. Alle europee aveva preso lo 0,6. In un anno è arrivato al 2, e nel territorio che per ovvie ragioni gli è più ostile”.
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