La politica si è trasformata in guerriglie tra feudatari

Il dissesto dei partiti si assevera pure con lo sfasciume che un po' tutti patiscono in periferia

 di Marco Bertoncini , Italia Oggi 14.4.2015

Si può pensare il male che si voglia delle riforme elettorali del '93; tuttavia ne sono derivate spinte verso un potenziale bipolarismo, tale da avvallare altresì il formarsi di schieramenti omogenei (in teoria).

Da due anni, l'erompere dei grillini ha mutato i poli. Stavolta, poi, succede di tutto. I partiti non riescono a tenersi avvinte le proprie articolazioni territoriali. Il fenomeno dei notabili (se vogliamo esprimerci in termini ottocenteschi e dotti), ovvero dei ras, dei capoccia, dei feudatari (per dirla più crudamente), ha mostrato un'estensione che spazia dalla destra alla sinistra, come mai prima. I casi più clamorosi sono quelli di Flavio Tosi e di Raffaele Fitto; ma non vanno taciuti fenomeni come Vincenzo De Luca, per citare poi almeno le affermazioni di potentati locali tutt'altro che in linea con il Pd nazionale. La stessa candidatura di Adriana Poli Bortone, che ha spiazzato il partito di appartenenza, parla da sé, specie se contrapposta a quella di Francesco Schittulli, candidato non forzista imposto nazionalmente da Fi, passato a candidato fittiano contro quel che residua della locale formazione berlusconiana. In questo coacervo di liste rispuntano fantasmi. Il commissario forzista della Puglia annuncia l'alleanza con «la socialdemocrazia e il Nuovo Psi», mentre dichiara di avere in corso trattative «con la Dc» (non meglio identificata) «e con il Pli». Tanto per confermare la resurrezione del pentapartito, in Campania si ha notizia di una lista dell'edera repubblicana. Lo sfascio è tale che i partiti disarticolati e moribondi ricorrono a sigle morte, tratte dai libri di storia.

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