Anticorruzione e populismo penale
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Alzare solo le pene è un trucco per alimentare il processo mediatico
di Claudio Cerasa | 02 Aprile 2015 ore 06:18
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, come ha ammesso con trasparenza il prossimo ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio in un libro appena uscito per Marsilio, per il modo in cui riesce a penetrare, usando le parole giuste, non solo nella testa ma anche nella pancia degli elettori, sotto molti aspetti si può considerare un populista puro, e non c’è dubbio che per essere un buon politico, per farsi capire e apprezzare e persino per riformare, sia necessaria oggi una buona dose di sana demagogia. Il populismo di Renzi da un po’ di tempo a questa parte si intreccia però con un’altra forma di demagogia che non ci sembra sana, tutt’altro, e che ci pare birichina e persino pericolosa. Potremmo chiamarlo così: il populismo penale.
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Ormai è un tratto preciso del renzismo di governo e la regola suona più o meno in questo modo: la via migliore per nutrire la pancia affamata dell’elettore indignato – visibilmente provato da un fatto di cronaca che ha turbato le coscienze dell’opinione pubblica – è quella di dare una risposta di origine penale. Ovvero: più pene per tutti. Ieri è successo di nuovo, è successo pochi giorni dopo un altro aumento di pene (quelle relative all’omicidio stradale), è successo con due testi approvati al Senato ed è successo sia per il falso in bilancio sia per la legge anticorruzione, e in entrambi i casi la rivoluzione della maggioranza renziana è stata una e solo una: aumentare le pene. Si potrebbe dire, a voler essere pignoli, che, specie per la corruzione, le pene esistono già, sono anche alte, prevedono da tempo la reclusione fino a 15 anni o 20 anni se vi sono annessi altri reati e che il modo migliore per combattere la corruzione (lo ricordava bene Carlo Nordio, magistrato, ieri sul Messaggero) non è alzare le pene ma combatterla alla radice, snellendo la macchina burocratica. Si potrebbe dire tutto questo e molto altro. Ma il punto importante ci sembra diverso ed è questo: per combattere un reato occorre che sia garantita la certezza della pena e non occorre l’introduzione di nuove sanzioni che, senza certezza della pena, faranno la fine di un palloncino bucato. “Negli ultimi decenni – ha detto con merito Papa Francesco a ottobre 2014 durante un intervento all’Associazione internazionale del diritto penale – si è diffusa la convinzione che attraverso la pena pubblica si possano risolvere i più disparati problemi sociali, come se per le più diverse malattie ci venisse raccomandata la medesima medicina”. Per carità: bene impegnarsi contro la corruzione, figuriamoci, ma sarebbe bene farlo senza sottovalutare un aspetto importante: che giocare con il populismo penale è un modo come un altro per offrire cartucce al circuito del processo mediatico. Ne vale la pena?