L'analisi. La separazione dei poteri non se la passa bene: l’intoccabile magistratura e il giustizialismo ottuso

. In Italia il gioco democratico è ormai vistosamente condizionato da un potere di corpo che trascende il circuito del voto: la magistratura

Michele Magno 8 Dicembre 2024 alle 09:19 ilriformista.it lettura2’

La democrazia italiana è malata? Diciamo che il suo fondamento – la separazione dei poteri – non se la passa bene. Discutiamo di Parlamenti e governi, elezioni e partiti come se fossero ancora i pilastri della vita pubblica. Non è così, o non è più solo così. In Italia il gioco democratico è ormai vistosamente condizionato da un potere di corpo che trascende il circuito del voto: la magistratura.

Intoccabile

Insieme ai media e al web, oggi costituisce l’architrave di una costituzione silenziosa in grado di trasformare le organizzazioni più solide in una cricca di malfattori. Essa, al contrario, resta intoccabile. Pena il timore che venga messa in discussione la sua autonomia, nonostante un recente e clamoroso scandalo che ha rischiato di travolgere proprio l’organo che doveva garantirla.

Anche in questi giorni, mentre con la separazione delle carriere si intravede una luce nel tunnel della riforma della giustizia, non mancano accorate considerazioni sulle lungaggini e sulle inefficienze dell’iter giudiziario. Senza però che i loro costi – sociali, economici, umani – varchino mai la soglia del piagnisteo impotente a cui si contrappone un giustizialismo ottuso. Se non intervengono le manette, il politico, l’amministratore o il manager sotto accusa entrano nel cono d’ombra di un calvario processuale di cui si perderanno presto le tracce. Salvo tornare, ma molto più marginalmente, sui giornali nel momento dell’archiviazione o del proscioglimento.

Un innocente in galera a un colpevole libero.

Ne sanno qualcosa, solo per citare alcuni tra i casi più noti di un elenco sterminato, Silvio Berlusconi, Romano Prodi, Antonio Bassolino, Ottaviano Del Turco, Matteo Renzi e, da ultimo, il senatore del Pd Stefano Esposito (nomi i quali dimostrano che è ridicolo parlare di “toghe rosse”). Di fronte a risultati così deludenti, non sorprende che qualche procura tenda a privilegiare – nella scelta dei suoi obiettivi – personalità di maggior calibro istituzionale o legate a personaggi di rilievo nazionale. Del resto, siamo in un’epoca in cui intercettazioni e documenti coperti dal segreto istruttorio vengono pubblicati ad horas dalla stampa, e in cui l’apertura di un fascicolo o un avviso di garanzia non si nega a nessuno, soprattutto se ricopre o si candida a una poltrona di sindaco, di governatore, di ministro, di leader politico.

Leggi anche

I parlamentari non possono rispondere delle loro idee, l’articolo 68 è sotto attacco: il pm, per la Corte, può sindacare le parole degli eletti

Separazione delle carriere, parte l’iter in aula. Calderone: “Vanno ristabiliti i ruoli dei poteri. Intercettazioni? Servono regole chiare”

Cavi in rame, schede telefoniche e check-in nei B&B: il solito vizio italiano, le leggi raffazzonate ingabbiano il paese

In questa palude melmosa sguazzano il populismo penale e i verdetti emessi dal tribunale della Rete. Da quando un manipolo di aspiranti giacobini si vantava senza pudore di una legge chiamata “spazzacorrotti”, è in buona misura questa l’odierna realtà repubblicana. “Coraggio, il meglio è passato”, recita un celebre aforisma di Ennio Flaiano. Infatti, il peggio è sempre dietro l’angolo in un paese in cui c’è ancora chi preferisce un innocente in galera a un colpevole libero.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata