Adesso il Senato solleva un conflitto di attribuzione. I parlamentari non possono rispondere delle loro idee,
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l’articolo 68 è sotto attacco: il pm, per la Corte, può sindacare le parole degli eletti
Carlo Giovanardi 6.12. 2024 alle 13:48 ilriformista.it lettura2’
Premetto che ho maturato nella mia vita politica un’esperienza di eletto per 5 anni come consigliere comunale (a Modena), 12 come consigliere regionale in Emilia-Romagna e poi per 7 legislature (dal 1992 al 2018) come deputato e senatore. In Parlamento sono stato presidente di gruppo, presidente di Giunta per le autorizzazioni, vicepresidente della Camera, ministro per i Rapporti con il Parlamento e sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, maturando un’esperienza di conoscenza delle istituzioni almeno pari al neolaureato che ha vinto un concorso per entrare in magistratura.
Nel 2014, avendo già ricoperto tutte quelle cariche, imprenditori locali – all’epoca tutti perbene e super referenziati – vennero a rappresentarmi le surreali motivazioni con le quali i prefetti colpivano le loro aziende con interdittive antimafia, in base a una normativa che dopo il terremoto in Emilia impediva la loro iscrizione in White List e le condannava al fallimento non potendo più lavorare. All’epoca sollevai il problema in Aula, in commissione Giustizia, in commissione Antimafia e in atti di sindacato ispettivo, ottenendo l’iscrizione di queste aziende in White List, avendo dovuto la Prefettura prendere atto dei macroscopici errori di fatto che erano stati alla base delle sue decisioni.
Sia chiaro, lo ripeto per l’ennesima volta, che non ho mai chiesto né ricevuto un centesimo da questi imprenditori e non ho mai avuto rapporti con i 13mila cutresi che vivono tra Modena e Reggio-Emilia, notoriamente all’epoca affezionati elettori del Pd. Aggiungo che il Parlamento, successivamente, ha accolto la mia ragionevole proposta che l’imprenditore – prima di ricevere l’interdittiva – venga sentito dal Prefetto per eventuali chiarimenti.
L’autorizzazione a procedere e la sciagurata riforma dell’articolo 68, con il populismo non si scherza: il Parlamento tuteli le sue funzioni
Nel 2017 vengo rinviato a giudizio per direttissima, saltando il Giudice dell’udienza preliminare, in base a un’intercettazione fattami di nascosto nel mio ufficio di parlamentare e alla teorizzazione di una mia rivelazione di segreti (che non esistono) della Prefettura, nonché violenza o minaccia a un corpo politico amministrativo o giudiziario (sempre la Prefettura).
Il Senato della Repubblica, da me investito della questione, delibera in Aula che tutta la mia attività rientrava viceversa nell’ambito delle opinioni non sindacabili di un parlamentare (ex articolo 68 della Costituzione).
Sospeso il processo, a sorpresa nel gennaio di quest’anno la Corte costituzionale annulla la delibera del Senato, stabilendo che nel caso in cui un pubblico ministero ravvisi ingiuria, vilipendio, minaccia in interventi espressi in Aula o in commissione da un parlamentare, può esercitare l’azione penale nei suoi confronti.
Eppure l’articolo 68 stabilisce che “i parlamentari non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.
Ridotto così il Parlamento a “tacimento”, riprende il processo nei miei confronti, che però il Senato mercoledì – con voto unanime in Aula – contesta nuovamente, sollevando il conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale perché il famoso video è stato utilizzato senza la preventiva autorizzazione del Senato.
Ricordo che la Corte costituzionale – già nei casi Esposito e Renzi – ha stabilito chiaramente che l’uso delle intercettazioni, in qualsiasi forma, in un processo contro un parlamentare può avvenire soltanto previa autorizzazione della Camera di appartenenza.
A questo punto, dopo 10 anni dai fatti, il Tribunale ha due possibilità: sospendere il processo in attesa della futura sentenza della Corte o andare avanti, scontrandosi però così con una giurisprudenza consolidata della Corte che – se confermata – porterà all’annullamento di questo singolare processo sin dall’inizio.
Carlo Giovanardi