Veline e veleni dentro FdI. Caso Spano e “dimissioni” Giuli, il partito di Meloni cavalca gli spoiler di Ranucci: “Solo in Italia lasci prima di puntata televisiva”

Meloni teme l’effetto domino. Fratelli d’Italia esclude il passo indietro del ministro della Cultura. Spano attacca: «Tritacarne ingiustificato». Il titolare del Mic diserta la riunione con i sindacati

Eleonora Tiribocchi 26.10. 2024 alle 11:08 ilriformista.it lettura3’

Tutti negano tutto. Alessandro Giuli è sul punto di rottura con Giovanbattista Fazzolari? «Ricostruzioni del tutto inventate».

Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera, litiga pesantemente con la sorella del ministro della Cultura? «Ricostruzioni completamente infondate». Tra veline e veleni. Insomma, il messaggio che arriva è chiaro: puro retroscenismo montato ad arte. Fratelli d’Italia prova a gettare acqua sul fuoco, ma l’agitazione interna non può essere nascosta. Nulla di personale contro il titolare del Mic, assicurano i meloniani, ma la scelta di affidarsi a Francesco Spano fin da subito aveva creato malcontento. E le dimissioni del capo di gabinetto ora rinfuocano quei mugugni.

Dimissioni Giuli danno d’immagine

Tanto che c’è chi parla di riflessioni su un possibile passo indietro da parte di Giuli. Che però nelle scorse ore ha assicurato che il clima nel centrodestra è disteso e che il rapporto di fiducia è ancora in piedi. Dunque, si rimarca da FdI, nulla che possa lasciar pensare a un nuovo addio dalle parti di via del Collegio Romano. Anche perché per il governo sarebbe un danno d’immagine e Giorgia Meloni teme una situazione fuori controllo, una sorta di effetto domino. «Ce l’hanno col ministro Giuli per l’apocalittismo difensivo perché in realtà se lo erano inventati loro», tuona la presidente del Consiglio contro le opposizioni.

Mollicone post-Giuli?

Eppure il «fuoco amico» è un elemento che non può sfuggire, nonostante le secche smentite di circostanza. I mal di pancia dei Pro Vita e nel centrodestra verso Spano non possono essere derubricati a invenzioni giornalistiche. Per un eventuale post-Giuli gli occhi sono puntati su Mollicone, da sempre dato tra i favoriti per un posto di primissimo piano per l’ambito culturale della destra. Tanto che, dopo le elezioni politiche del 25 settembre 2022, figurava nel toto-nomi insieme a Gennaro Sangiuliano. Occasione poi non concretizzata. Ma lui assicura di non ambire né al ruolo da ministro né a quello di sottosegretario: «Ho altre strategie, altri obiettivi per il futuro».

Giuli non ha dubbi: è mero «chiacchiericcio mediatico». Intanto è saltato l’incontro previsto con le rappresentanze sindacali del dicastero. Il motivo? «Sopraggiunti impegni istituzionali».

Le organizzazioni non nascondono il «rammarico». L’incontro è da aggiornarsi ad altra data da definire. E il Partito democratico sferra l’attacco: «È preoccupante che non si sia presentato. L’assenza del ministro aumenta incertezza e disorientamento, e il commissariamento politico imposto dal suo partito sembra limitarne l’autonomia e la possibilità di azione».

Il governo e gli spoiler di Ranucci

Sulla vicenda politica certamente pesa la prossima puntata di Report, in programma domenica sera, con Sigfrido Ranucci che continua a prendersi la scena a colpi di spoiler. Il conduttore televisivo promette un altro caso Giuli e gioca con l’effetto suspense. Intanto Spano ha lasciato l’incarico e ora punta il dito: «C’è stato un attacco alla mia vita privata e alle mie scelte». Costretto a farsi da parte perché il clima che si è creato in poche ore non garantisce la giusta e doverosa serenità personale: «Sono finito in un tritacarne politico ingiusto e ingiustificato».

La questione è diventata ormai personale. Federico Freni, sottosegretario all’Economia, denuncia la deriva da voyeur di chi si diletta nello spiare dal buco della serratura: «È pericoloso un sistema che mette il naso nella vita privata delle persone, a prescindere da cosa facciano. Non dovrebbe interessare nessuno cosa si fa nelle mura di casa propria». E il leghista ricorda «l’altra cosa bella» della solita Italia: «In questo paese ci dimettiamo in attesa di una puntata televisiva». Il renziano Davide Faraone non ha dubbi: «Prima ancora del servizio di Report, la nomina di Spano era già diventata un caso per il suo orientamento sessuale. È una cosa non degna di un paese civile». Ma il caso, sostiene il capogruppo di Italia Viva alla Camera, tira in ballo anche l’ipocrisia della sinistra che si sta rifugiando in un imbarazzante silenzio: «Per molto meno si sono realizzate carriere di eroi e di eroine, ma siccome si trattava di uno nominato da un ministro di destra, non meritava difesa».

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