Leader e leaderiniI capetti della sinistra devono capire che adesso è Schlein a guidare l’opposizione

Fratoianni, Bonelli e Conte devono mettersi in testa che ora è la segretaria del Pd a dettare la linea per cercare la rimonta su Meloni e la destra.

Mario Lavia, 9.8.2024 linkiesta.it lettura2’

Se una cosa gli sta bene, bene, se non gli piace sono problemi loro, a partire da Renzi

I cosiddetti vertici sui divanetti finto-ottocenteschi del Transatlantico di Montecitorio, specie quelli di mezz’agosto, sono sempre abbastanza penosi. Chiacchiere sulla digestione, sbuffi di fine stagione, soprattutto mitomanie politiciste. I cronisti dunque hanno raccolto l’informazione secondo la quale i leader di Alleanza Verdi-Sinistra, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli e il capo (contestato all’interno) del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte hanno detto a Elly Schlein, che merita una medaglia alla pazienza, che no, Matteo Renzi no, fortissimamente no. Uno ha pure ripetuto l’abracadabra che due anni fa fece vincere Giorgia Meloni: «Renzi fa perdere voti più di quanto ne porti». La genialata fatta propria dall’impolitico Enrico Letta che – come ha ricordato Federico Geremicca sulla Stampa – fece sì che la destra, minoritaria ma unita, nei collegi uninominali prese centoventuno deputati mentre il Movimento dieci, il Partito democratico dodici e il Terzo Polo nemmeno uno.

Dopo quel capolavoro che ha regalato all’Italia il Governo Senza Qualità di Giorgia Meloni, sembra dunque che due anni dopo siamo al punto di partenza, come cantava Francesco Guccini, oppure meno siamo e meglio stiamo, come diceva Renzo Arbore.

 

I capetti dei nuovi cespugli del centrosinistra, che però non hanno l’abilità malandrina dei cespugli di una volta, da Armando Cossutta a Clemente Mastella (formatisi rispettivamente con Palmiro Togliatti e Ciriaco De Mita, non con Nichi Vendola e Beppe Grillo), i capi dei cespugli attuali, dicevamo, forse non hanno capito una cosa: che adesso e per i prossimi anni chi tiene su la baracca si chiama Elly Schlein.

Per come si sono messe le cose, cioè con la forte ripresa del Partito democratico e il crollo di Conte (il buon risultato Avs lo ha ottenuto perché hanno pescato Ilaria Salis e se ne sono stati buonini, sennò finivano come Michele Santoro), è Schlein a dover impostare e gestire la strategia della rimonta. È suo diritto e suo dovere. Non è più la “federatrice”, termine che infatti è scomparso dalla chiacchiera politica, ma la leader, cioè colei che guida, non solo il Partito democratico ma tutto ciò che è all’opposizione di Meloni, sua rivale diretta alle prossime elezioni.

Questi cespugli devono capire che non possono mettere veti, secondo la felice formula schleiniana. Se una cosa gli sta bene, bene, se non gli piace lo dicano, ma poi se la devono far piacere per forza se la leader del Partito democratico l’ha deciso.

Si discuterà il da farsi sperando che si passi dal giochino «tu sì, tu no» a una discussione sulle idee e sui programmi. Elly Schlein ha l’onore e l’onere di guidare questo processo, e l’ingrato compito di far capire ai leaderini che se non stanno insieme perderanno, tanto per dirne una, in Liguria, come Andrea Orlando ha ben capito. Poi c’è spazio per tutti. I cespugli pensino a prendersi i loro voti per metterli al servizio di una causa unitaria. Non è stalinismo, è politica. Il tempo delle genialate lettiane è finito.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata