Meloni Orban e supera Salvini per l’ennesima volta: l’attacco a Salis è un flop

Fidesz pesa una dozzina di seggi che sono un boccone ghiotto per almeno due famiglie politiche europee di destra: i Conservatori (Ecr) di Meloni e Identità e Democrazia (ID) con Salvini, Le Pen e i tedeschi di Afd

Claudia Fusani — 3 Febbraio 2024 ilriformista.it lettura4’

“Entro nei Conservatori di Giorgia Meloni” ha svelato Viktor Orban nella notte tra mercoledì e giovedì ai cronisti che lo avevano seguito nelle ore della notte nei pressi del suo albergo sapendo che il premier ungherese sarebbe stato, come è stato, protagonista nel bene e nel male del Consiglio europeo straordinario. Una bomba. Che Giorgia Meloni ha attutito come ha potuto: “Vediamo, comunque se ne parlerà dopo il voto”. Dopo il 9 giugno quando le urne europee consegneranno le nuove maggioranze e minoranze politiche dell’Unione con i relativi scenari che ne deriveranno. Più a destra? Più a sinistra? La conferma della maggioranza Ursula? Oppure una maggioranza Ursula con più destra che sinistra?

Scenari. Oltre non si può andare. Ma non c’è dubbio che l’annuncio di Orban, che sa tanto di contropartita alla caduta del veto sull’Ucraina, e l’imbarazzo della premier italiana fanno sobbalzare i sondaggi sulla futura composizione dell’europarlamento. E scombussolano, in ugual modo, anche la maggioranza politica in Italia. Per spiegare occorre partire dai dati certi. Il primo è che il partito Fidesz, quello di Orban pesa una dozzina di seggi che da tre anni sono contati nel cosiddetto gruppo Misto. Era il 2019 quando il Ppe, storicamente la famiglia politica del leader ungherese, fece in modo di invitare all’uscita Fidesz come conseguenza delle continue violazioni della carta dei diritti europei. Violazioni che sono già costate il congelamento di 29,6 miliardi di fondi europei.

L’altro dato certo è che questa dozzina di seggi sono un boccone ghiotto per almeno due famiglie politiche europee, entrambe a destra: i Conservatori (Ecr) presieduti da Giorgia Meloni; Identità e Democrazia (ID) che riunisce Salvini, Le Pen, i tedeschi di Afd, le destre nazionaliste e identitarie europee. La dozzina di seggi di Orban, infatti, può fare la differenza tra i due gruppi che al momento si tallonano nei sondaggi alternandosi fra il terzo e il quarto posto dopo Popolari e i Democratici.

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Cos’è la maggioranza Ursula

Arriviamo allora al terzo dato certo: il Parlamento europeo conta 705 seggi in rappresentanza di 450 milioni di persone. Una solida maggioranza deve avere almeno 380-400 voti. Che oggi è garantita dal patto Ursula: von der Leyen infatti fu votata da Popolari, Socialisti e democratici, Liberali macroniani (Renew) e da Cinque stelle e Conservatori. Questi ultimi due non sono però entrati in maggioranza. Da qui anche la cautela con cui si è mossa von der Leyen in questi anni e su certi dossier.

Elezioni europee, il sondaggio di Europe elects

A questo punto è necessario passare dai dati certi alle previsioni. Ai sondaggi. Il più affidabile è quello curato da “Europe elects” un sito aggregatore di rilevazioni di cui propone la media. Europe elects pubblica i risultati alla fine di ogni mese. Curiosamente il mese di gennaio non è ancora uscito. Ci affidiamo quindi a dicembre, mese che registra movimenti interessanti e una tendenziale parità tra Conservatori e ID, con una leggera crescita di quest’ultimi. I Popolari sono saldamente in testa con 179 seggi, un paio in più del mese precedente, il risultato migliore degli ultimi due anni. A seguire S&D, socialisti e democratici, stabili con 141 seggi.

La novità è al terzo posto dove si affaccia per la prima volta Identità e Democrazia che arriva a 93 seggi, una decina in più del mese precedente, il miglior risultato di sempre. A novembre Id aveva superato i Conservatori. A dicembre va meglio anche dei Liberali di Renew Europe che si fermano a 84 seggi.

I Conservatori di Giorgia Meloni figurano al quinto posto con 81 seggi, due in meno del mese precedente. Il “gruppo” dei non iscritti – tra cui gli orbaniani – conta 52 seggi. Seguono i Verdi che si fermano a 49, due in meno, e la Sinistra radicale (36). I seggi di parlamentari “non affiliati” secondo i sondaggi, sarebbero sei. Facendo le somme, i tre grandi partiti (Ppe, S&d e Renew) avrebbero, votando oggi, una solida maggioranza di 404 voti su un totale di 705.

I seggi di Orban consentono a Meloni di superare Salvini

Interessano di più i movimenti intorno al terzo posto. I dodici seggi di Orban possono infatti fare una netta differenza tra ID e Conservatori. Tra Meloni e Salvini per parlare il linguaggio di casa nostra. E issare i Conservatori stabili al terzo posto lasciando alle spalle Id e Liberali a contendersi il quarto. Il problema è che quelli delle destre sono voti inutili (la somma oggi farebbe 174 seggi) senza l’alleanza con i Popolari e i Liberali. Alleanza che diventa impossibile, come hanno più volte detto Meloni e Salvini, se i Popolari non mollano i Socialisti. Tutto questo significa che una maggioranza specchio di quella che governa in Italia al momento potrebbe contare in Euro solo su 353 seggi. Che non è la maggioranza. Importanti anche una decina di voti dei 5 Stelle al momento senza collocazione. Un po’ come i voti di Fidesz.

Negli ultimi mesi Salvini e Meloni hanno corteggiato senza reticenze il leader magiaro. Da parte della premier un filo di imbarazzo essendo lei al governo. Più facile da parte del leader leghista. Che certamente ieri ha subìto una doccia fredda con l’annuncio del nuovo matrimonio. E dire che il solerte Matteo si era subito messo petto in fuori ad accusare la povera Ilaria Salis per dare copertura politica agli abusi del governo di Budapest. Ma Viktor ha deciso nella notte di Bruxelles. Anche per questo Meloni ha potuto parlargli con chiarezza: “Se non levi il veto ti isoliamo e ti tagliamo i fondi”. Detto da Giorgia deve essere risuonato come vero. E così Viktor ha fatto marcia indietro. La domanda ora è: può una premier che si dichiara europeista e filoatlantica, tra le prime sostenitrice di Kiev, “sposarsi” con il più putiniano dei leader europei? No, non può. Da qui il rinvio imbarazzato a “dopo il voto”. E la rabbia di Salvini. Superato da Giorgia. Ancora una volta.

Claudia Fusani

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