Attaccare Israele non comporta un prezzo. Difenderla sì

Se d’Israele nasce da un abuso, ogni azione che contrasta quell’abuso è legittima. E ogni reazione israeliana, illegittima e sproporzionata. Accanimento e perché?

17 OTT 2023 lettere Direttore ilfoglio.it

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Da sempre, per molti, le risposte d’Israele al terrorismo palestinese sono state “sproporzionate”. E d’altronde, se l’esistenza stessa d’Israele nasce da un abuso, ogni azione che contrasta quell’abuso è legittima. E ogni reazione israeliana, illegittima e sproporzionata. Ora, ci sarebbe da chiedersi, da cosa dipende questo giudizio così severo nei confronti d’Israele? Perché questo accanimento? Perché i numerosi regimi criminali e liberticidi che infestano il pianeta non riescono a catalizzare lo sdegno e la rabbia che meriterebbero? Perché non l’Iran? O la Cina, la Russia, l’Arabia Saudita, la Corea del nord, l’Eritrea? Cosa rende così speciale la causa del popolo palestinese? Perché a Hamas si concede una giustificazione storica e morale quando uccide a sangue freddo dei bambini? Eppure, anche gli angloamericani che bombardarono a tappeto le città della Germania nazista vennero biasimati. Anche gli stupri indiscriminati dei soldati russi ai danni delle donne tedesche vennero esecrati. Perché anche una causa giusta può essere perseguita con modalità moralmente censurabili. Ma per i palestinesi questa censura morale non scatta mai. Tutto è legittimo per loro quanto tutto è illegittimo e sproporzionato per gli israeliani. Ho una risposta. Israele è l’epifania dell’antisemitismo. Non è la legittima causa palestinese a essere “speciale” ma quella israeliana a suscitare scandalo. L’odio e il pregiudizio per gli ebrei scorrono come un fiume carsico nella bimillenaria storia della diaspora. L’antisemitismo è riuscito a mettere d’accordo il nazifascismo con il bolscevismo, i cristiani con l’islam, i protestanti con i cattolici. Persecuzione, ghetti, pogrom fino al tentativo di sterminio finale della Shoah: questa è la storia della diaspora ebraica. E’ così che la tardiva e ipocrita pietà per i sei milioni di ebrei sterminati si è subito dissolta nell’indignazione per lo “scandalo d’Israele”. Perché agli ebrei è concesso solo di morire nudi e inermi. Ma di ribellarsi mai.

Filippo Piperno

E’ una domanda che mi pongo spesso anche io. E quando me la pongo sono due le risposte che mi vengono in mente. Israele è, spesso, odiata non solo per questioni di antisemitismo. Ma è odiata perché è lo specchio in purezza non solo di ciò che dobbiamo difendere per essere davvero dalla parte dell’occidente ma anche di tutto ciò che dobbiamo combattere. E’ facile essere contro Israele, perché non si paga un prezzo. E’ più difficile essere contro i suoi nemici, perché il prezzo da pagare è quello di fare i conti con la nostra coscienza, le nostre vergogne e le nostre ipocrisie. Il prezzo da pagare, in altre parole, è riconoscere che i nemici di Israele sono anche nemici della libertà. E per farlo occorrerebbe parlare di cos’è l’islam politico, di cosa è il terrorismo fondamentalista, di chi sono i loro complici. Attaccare Israele non comporta un prezzo. Difenderla sì. E’ il prezzo della libertà.

Al direttore - Caro Cerasa, mi ha fatto una certa impressione domenica sera nel dibattito a La7 la funzionaria dell’Onu che definiva Israele una dittatura militare che pratica l’apartheid. E’ la seconda che sento in pochi giorni. Forse la Basile, che evidentemente alla Farnesina non ha mai fatto carriera, può trovare una buona posizione all’Onu. E speriamo che Israele prenda lezioni di democrazia dai suoi vicini: Egitto, Siria, Libano, Iraq, Iran, Arabia, Emirati e Afghanistan. Imparerà così il rispetto dei diritti civili e dello stato di diritto, quello delle minoranze, delle donne, degli omosessuali, della libertà religiosa, e chi più ne ha più ne metta. Purtroppo dopo 75 anni l’inno dei palestinesi e degli arabi in genere non è cambiato: (“Min alnahr ‘iilaa al-bahr, satakun Filastin huratan”). Dal Giordano al mare. Fuori tutti gli ebrei. Questa è l’alternativa, non altre, per tutti gli arabi da Baghdad a Casablanca. Ma all’Onu pare che non lo sappiano.

Augusto Burchi

Non ho memoria di appelli al diritto internazionale dell’Onu, della suddetta persona, in tutte le occasioni in cui Hamas, in questi anni, ha lanciato i suoi missili su Israele. Ho memoria invece di tutte le volte che l’Onu ha scelto un iraniano per guidare le commissioni per i diritti umani. Prossima volta suggeriamo di affidare a un membro di Hamas una commissione per il monitoraggio della Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra (12 agosto 1949).

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