Bieloitaliani Today. D’Alema fa l’antiamericano sull’Ucraina, si crede Bufalo Bill, ma ricorda Scialpi
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Repubblica racconta che il nuovo fascicolo della rivista Italianieuropei, diretta dall’ex premier, è un delirio antioccidentale, con elogi alla Russia e sprezzante
23.9.2023 Christian Rocca linkiesta,it lettura4’
nei confronti della resistenza di Kyjiv contro l’imperialismo di Putin. Il finale triste e solitario di uno statista diventato una macchietta
Uno sconcertato Stefano Cappellini, giornalista certamente non etichettabile come antidalemiano, ha sintetizzato su Repubblica il pensiero sul conflitto in corso in Europa espresso dagli autori del nuovo fascicolo della rivista Italianieuropei diretta da Massimo D’Alema.
Copio-e-incollo Cappellini per comodità, e per risparmiarmi la pena di riassumere con parole mie cotanta geopolitica indifferenziata dall’umido: «Non è vero che è in corso una lotta tra Paesi democratici e Paesi non democratici; i Paesi democratici sono in realtà il vero tiranno e quelli presunti non democratici sono solo Paesi che cercano un nuovo assetto multipolare più giusto, pacifico e pure più ecosostenibile. La guerra in Ucraina non può essere letta con la semplicistica dinamica aggredito/aggressore, sono gli Usa e l’Occidente a soffiare sul fuoco del bellicismo, perché vedono il mondo sfuggirgli dalle grinfie, ma le opinioni pubbliche occidentali non si bevono più la propaganda Nato e comunque sia chiaro che la guerra nulla toglie al ruolo della Russia come attore centrale della trasformazione in atto, cioè il benemerito abbattimento del dominio yankee sul globo terracqueo».
Cosi Cappellini riassume il contributo dalemiano al dibattito pubblico sulle fosse comuni a Bucha, sull’Auschwitz del XXI secolo a Yahidne, sui missili di Mosca puntati sui civili in Ucraina e sull’imperialismo terrorista e stragista della Russia. Se possibile, l’immondizia presentata in versione originale (Cappellini riporta anche i virgolettati) è ancora più maleodorante, pensate che D’Alema fa scrivere un autore seriamente convinto che la prime preoccupazioni di Putin oggi siano la salvaguardia del pianeta e la sicurezza alimentare, mica sterminare gli ucraini. Putin come Greta, non come Adolf.
Ci sarebbe da ridere, come un po’ fa Cappellini per non mettersi a piangere, senonché stiamo parlando di Massimo D’Alema, un ex presidente del Consiglio, un ex ministro degli Esteri ed ex aspirante Capo dello Stato e capo della diplomazia europea (grazie Matteo Renzi per averlo segato dall’Europa e scemo io che l’avrei voluto al Quirinale), uno che incredibilmente viene ancora preso sul serio e chissà se Piersilvio prima o poi non gli offrirà una tribuna a Retequattro.
D’Alema è un personaggio da tragicommedia all’italiana, un politico senza scrupoli capace di passare dal pionierismo comunista alla Terza via, dal bombardare la Serbia a scimmiottare i partigiani della pace, dal fare da sensale strategico con certi colombiani al far sentire il suo confidenziale «Bye-bye Condi» al cronista appostato sul molo del porticciolo di Marettimo.
Si può cambiare idea, per carità, ma è ridicolo farlo con il tono da imitatore di un professore austero che spiega dall’alto della sua presunta autorevolezza di essere sempre stato lineare, serio, demogradigo.
Per dire: l’antiamericano D’Alema che fino al 2022 ha lavorato per Ernst&Young, nel 1999 pronunciò questo solenne discorso nell’aula di Montecitorio: «Noi ci sentiamo, con l’Europa, a fianco degli Stati Uniti: non solo perché alleati in un’alleanza che si è cementata nel corso di una lunga storia durante la quale per ben due volte, nella prima e nella seconda guerra mondiale, gli americani hanno versato il loro sangue per la pace e la libertà del nostro continente, ma anche perché sentiamo minacciati ed offesi i valori comuni. Anche allora si disse che la forza non avrebbe aperto la strada alla pace, ma poi è venuta la pace e si è aperta la strada anche alla democrazia».
Era presidente del Consiglio, all’epoca, e anche bravo, ma doveva giustificare al paese e a sé stesso le bombe sganciate dagli aerei italiani su una capitale europea senza alcuna autorizzazione dell’Onu.
Il D’Alema occidentale ha dialogato con i neo conservatori Richard Perle e Michael Ledeen ai tempi in cui spopolavano a Washington, e ha perfino lodato George W. Bush per aver ribaltato in favore della democrazia la tradizionale dottrina di politica estera della destra americana: «Io credo che una risposta di centrosinistra debba prendere le mosse da quello che è il nucleo centrale della nuova dottrina americana – disse D’Alema nel maggio 2005 – l’idea che il fondamento della sicurezza internazionale sta in una espansione della democrazia. Questa idea è giusta e deve essere considerata come il terreno di una sfida positiva. L’espansione della democrazia può essere il fondamento di una nuova sicurezza interna ed è terreno di confronto con la destra americana». Allora era più italianoamericano che altro.
Più o meno negli stessi anni diceva ai giornali che alle primarie democratiche americane del 2004 avrebbe scelto il generale Wesley Clark, con il quale evidentemente si era trovato bene ai tempi dell’intervento Nato in Kosovo, non il pacifista Howard Dean, non il paladino degli ultimi John Edwards, non il candidato dell’establishment John Kerry.
C’è stato anche un altro D’Alema, ovviamente, più simile a quello dell’ultimo fascicolo di Italianieuropei, meno western e più eastern, un D’Alema contrario non solo alla seconda ma anche alla prima guerra contro Saddam, quella per liberare il Kuwait su mandato dell’Onu.
C’è stato un D’Alema che spiegava come la Cia avrebbe portato in Iraq qualche fialetta per dimostrare al mondo che Saddam aveva le armi di sterminio di massa. Un D’Alema che, secondo i pettegolezzi di Montecitorio, ha definito Piero Fassino «un po’ troppo sionista», un D’Alema che difendeva l’impegno sociale di Hamas in piena Intifada, un D’Alema che passeggiava a braccetto con i capi di Hezbollah.
Il D’Alema western e il D’Alema eastern sono due personalità che hanno convissuto per anni per motivi tattici, l’ennesimo e polveroso espediente di un mago sul viale del tramonto che non si rassegna, e anzi si vanta di essere sempre il migliore come il Bufalo Bill di De Gregori, anche se la sua dottrina politica in realtà si ispira a Scialpi, il cantante che a Sanremo del 1986 cantava «No east, no west / we are the best».
Questa riscrittura dalemiana dell’aggressione russa all’Ucraina e all’Europa, quindi, non stupisce, però per correttezza nei confronti dei lettori sarebbe il caso di cambiare nome alla rivista: Italianieuropei non riflette più la linea editoriale, BieloitalianiToday è più esatto.