"A destra il vero rischio alle elezioni non è il Fascio ma lo sfascio". Il monito di Panebianco
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Il centrodestra non è da temere per la presunta tendenza nostalgica, ma per le ricette economiche della coalizione. L'analisi dell'editorialista del Corriere
REDAZIONE 01.8. 2022 ilfoglio.it lett2
"Il pericolo, se vince la destra, non è il Fascio. Il pericolo è lo sfascio". Lo scrive, nel suo editoriale domenicale sul Corriere della Sera, il politologo Angelo Panebianco. Evidenziando quali sono le reali preoccupazioni innescate dalla campagna elettorale che condurrà alle politiche del 25 settembre prossimo. Non quindi il richiamo alle tendenze nostalgiche, che spesse volte vengono cavalcate dalla stampa per ricordare le origini di Fratelli d'Italia. Ma una questione molto più pratica e, per questo, preoccupante: le ricette economiche che dovranno disegnare l'Italia del domani.
Lo abbiamo scritto anche sul Foglio. Il programma elettorale di Giorgia Meloni, tra Irpef a tre aliquote, pensioni minime a 1000 euro, bonus e sconti fiscali di vario genere, è un vero e proprio buco da oltre 80 miliardi di euro. E soprattutto per quel che riguarda il tema previdenziale, i partiti di centrodestra si muovono in continuità con un'aumento della spesa pensionistica che è in chiara controtendenza rispetto ai principi di sostenibilità di bilancio che l'Italia si è impegnata a rispettare con i partner europei. Ma non solo. Dall'industria alla finanza, dal lavoro alle tasse, sono tantissimi i punti interrogativi sulle soluzioni individuate dalla leader di Fratelli d'Italia, cioè quella secondo i sondaggi con le maggiori chance di andare a Palazzo Chigi (qui Oscar Giannino rivolge, dalle colonne del Foglio, alcune domande proprio a Giorgia Meloni).
Così Panebianco scrive che da parte della destra "c’è il rischio di uno scontro con le autorità di Bruxelles (indovinate chi ne sarebbe più danneggiato?). La pericolosa idea secondo cui dei vincoli europei possiamo sbarazzarci spiega le promesse elettorali della Lega ma anche quelle di Fratelli d’Italia". Ché il rischio insomma non è il ritorno degli spettri del Ventennio. Ma la promozione di idee e programmi che conducano il paese nel baratro.