Dove sono nascosti i nostri dati personali?

I nostri dati, tutte le nostre tracce digitali, sono sparsi in luoghi che non sappiamo dove siano. E neppure quanti siano.

PAOLO MAGLIOCCO il 31/01/2018 www.lastampa.it

Ogni ente o azienda che raccoglie dati su di noi, chi siamo e che cosa facciamo, li custodisce in una banca digitale, un data center, che può essere di sua proprietà o preso in affitto da qualcun altro. Le informazioni sul nostro conto in banca, i soldi che abbiamo versato e quelli che abbiamo prelevato, sono nel data center della banca. I nostri dati anagrafici sono nel data center del Comune in cui abitiamo. I nostri dati sanitari nel data center della Regione e così via. Ha un data center l’azienda per la quale lavoriamo. Di fatto, considerando l’uso della posta elettronica, dei motori di ricerca, delle tessere fedeltà della grande distribuzione, del commercio elettronico e dei social network, dei cosiddetti “cloud” (gli archivi esterni a cui si accede via web), ci sono dati e informazioni che ci riguardano distribuiti in moltissime banche dati.

Nessuno sa quante siano esattamente in Italia queste banche, sempre più preziose. Si parla di più di mille, tra centri molto grandi e altri piccolissimi. Una indagine condotta nel 2017 dalla rivista digitale NetworkDigital360 su un campione di 280 aziende indica che più dell’80% ha un proprio data center, quelli che un tempo venivano definiti Ced, Centri di elaborazione dati. La diffusione dei cloud esterni, però, sta cambiando la situazione e le aziende potrebbero affidarsi sempre di più a società specializzate che gestiscono strutture molto più grandi.

A Siziano, in provincia di Pavia, è stato aperto da pochi mesi quello che viene definito il più grande data center del Sud Europa. Un gigantesco capannone che misura 42.000 metri quadrati, più o meno come sei campi da calcio. Si chiama Supernap ed è una sorta di bunker protetto in tutti i sensi, che può arrivare a usare 40 Megawatt di potenza. Una struttura come questa non si occupa solo di archiviare i dati, ma anche di gestirli e farli viaggiare in tutte le direzioni. Deve garantire che i dati siano al sicuro, ma anche che siano sempre disponibili per le aziende e i loro utenti. Le stesse pagine web dei giornali sono oggi gestite da strutture simili. Dunque al suo interno non ci sono solo giganteschi server, ma molto altro.

Secondo il sito di informazioni sul settore Datacentermap in Italia ci sono oggi 65 centri di questo tipo, dieci in più rispetto a un anno fa, 25 solo in Lombardia e poi 6 attorno a Roma e 4 nella zona di Torino, perché ovviamente queste strutture si concentrano dove maggiore è il traffico di informazioni.

Nel mondo il numero di queste grandi fattorie di dati arriva a 4253. Negli Stati Uniti se ne contano addirittura 1704, cioè oltre un terzo del totale (anche se non sono indicati né le dimensioni dei dati archiviabili, né la potenza), seguiti dal Regno Unito con 247 e poi dalla Germania con 186. La Cina, da questo punto di vista, non appare come una potenza mondiale di primo piano e ha solo 74 di questi data center condivisi: niente si dice, però, dei data center delle singole aziende e istituzioni.

Un colosso come Facebook, per esempio, non utilizza data center condivisi ma ha i propri: il più nuovo è stato aperto in Svezia, vicino al Circolo polare, perché il freddo aiuta a smaltire il calore prodotto dai server spendendo meno.

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