1-Per aver fatto le stesse scelte Bersani lodato, Renzi assalito
- Dettagli
- Categoria: Italia
2- “Tensione nel Pd. Il listino di Bersani colpisce i liberal. Ai renziani riservata solo una quota del 10 per cento”
Da quotidiani del 1.2.2018
1-La composizione delle liste del Pd era attesa spasmodicamente dai commentatori à la page di carta stampata, salotto tv e social network. Occasione ghiotta per praticare lo sport più amato dall'intelligencija patria: bacchettare Matteo Renzi.Un fenomeno che offrirà spunti, fra qualche anno, ai sociologici che studiano i comportamenti delle élites. Da domenica, giorno in cui il Nazareno ha comunicato le candidature, non si parla d'altro e gli esclusi possono, in ampie interviste, gemere contro l'arrogante segretario, mentre i loro autorevoli amici possono preconizzare disastri, come Enrico Letta, o annunciare redde rationem dal 5 marzo, come Michele Emiliano.
Si sfumano spesso le biografie di chi è rimasto fuori. Che per esempio Nicola Latorre fosse in parlamento da 13 anni, o che il lettiano Marco Meloni avesse dato del «passacarte», sul Corriere, al capogruppo Ettore Rosato in occasione dell'ordine del giorno sulla vigilanza bancaria, definendo le critiche del segretario a Ignazio Visco, in questi termini: «Bankitalia non era sotto un attacco così pesante dagli arresti di Sarcinelli e dell'incriminazione di Baffi, una delle pagine più oscure della Repubblica».
E che dire del «no grazie» di Gianni Cuperlo a un collegio a Sassuolo (Mo)? Chiosato come il beau geste e le sue parole sbattute nei titoli: «Meglio un altro più radicato di me». Peccato che lui, triestino, nel 2008 si fosse fatto eleggere in Toscana, ma evidentemente, all'epoca, nella terra che vide nascere il Pci, i talenti scarseggiavano. In genere poi si insiste sulla candidatura di Maria Elena Boschi a Bolzano, si biasima che lo sia anche altrove, ma poi non si fiata se il pluricandidato è Roberto Speranza, alfiere bersaniano, il quale, lucano doc, corre anche a Firenze. O che per il piacentino Pier Luigi Bersani la strada per Montecitorio passi da un collegio uninominale a Verona, ma anche da due collegi plurinominali in Veneto e uno in Emilia Romagna.
Bersani, appunto. Quando nel 2013 le liste dem le compilarono lui e i suoi, a Renzi, che aveva avuto il 40% alle primarie di un mese prima, fu concessa una manciata di posti in lista per i suoi e fu imposta qualche esclusione dura, come quelle di Roberto Reggi, Stefano Ceccanti, Salvatore Vassallo. Nel silenzio più assoluto, fu lasciato a casa anche Francesco Ferrante, ex-segretario di Legambiente, mentre ora si piange l'accantonamento di un altro ecologista, Ermete Realacci, come se così Donald Trump avesse via libera sul clima.
Insomma, i paracadute, le esclusioni chirurgiche, le cooptazioni allegre, le bacchettate alle minoranze ci furono anche allora. Anzi di più.Mancò invece lo scandalo.
di Goffredo Pistelli, 1.2.2018 www.italiaoggi.it
© Riproduzione riservata
2- Al direttore Il foglio- Ho ritrovato nell’archivio storico dei giornali alcuni ritagli del 2013. Li leggo. Stampa, 5 gennaio 2013: “Tensione nel Pd. Il listino di Bersani colpisce i liberal. Ai renziani riservata solo una quota del 10 per cento”. Avvenire, 5 gennaio 2013: “Liste Pd, Bersani fa la parte del leone. Per Renzi pochi i suoi candidati di peso”. Oggi i capi dei partiti, di tutti, non solo del Pd, hanno scelto molti fedelissimi nelle liste sacrificando le minoranze. Mi chiedo: la novità, dov’è?
Marco Martini