L'interesse nazionale da difendere ha contro una parte del paese
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Peraltro è assai dubbio che le impostazioni della manovra economica abbiano effetti elettorali, come spera il governo e temono le opposizioni
di Sergio Soave ItaliaOggi 19.10.2016
Il dibattito sulle leggi di bilancio è ovviamente dominato dalla battaglia referendaria, che ha influenzato probabilmente anche le scelte del governo, orientate al desiderio di «dare qualcosa a tutti» particolarmente vivace in un clima preelettorale, e che domina le polemiche delle opposizioni, che non riconoscono nemmeno gli sforzi, a cominciare da quello di una embrionale ma significativa emancipazione dall'austerità dell'eurocrazia, che pure fanno parte delle loro richieste più rilevanti.
D'altra parte la sindrome preelettorale sta diventando endemica: tra poche settimane si vota in America, poi comincia l'anno elettorale per la Francia e la Germania, per citare solo i casi più rilevanti. È difficile che la linea del rigore regga in questa situazione, anche se in Germania, a differenza che negli altri paesi, l'opposizione più aggressiva, quella di destra, punti sull'accentuazione del rigorismo e sul rifiuto della compartecipazione ai costi dell'immigrazione per far saltare il sistema della moneta europea.
L'interesse nazionale italiano, per ragioni geopolitiche e persino geografiche, prima ancora che strettamente economiche, richiederebbe una politica mediterranea e africana impegnativa e una condivisione delle conseguenze dei flussi migratori, che non sono solo conseguenza delle guerre mediorientali. Quando Matteo Renzi chiede all'Europa una comprensione e un aiuto per fronteggiare questa situazione, interpreta correttamente l'interesse nazionale ed è un errore commesso dalle opposizioni, soprattutto da quelle moderate, non sostenerlo in questo sforzo, salvo poi criticare le misure di bilancio per altre ragioni, a cominciare dal carattere dispersivo che nasce dalla situazione preelettorale.
Peraltro è assai dubbio che le impostazioni della manovra economica abbiano effetti elettorali, come spera il governo e temono le opposizioni. Che si tratti di equità sociale o di mance elettoralistiche, comunque le misure avranno effetto solo dopo il fatidico 4 dicembre e il solo annuncio non sembra produrre effetti sull'elettorato, almeno a guardare alle esperienze del recente passato.
Alla fine, per quanto possa sembrare strano, il giudizio referendario sarà soprattutto basato sulla riforma e sulle sue conseguenze e dividerà chi punta a una politica in grado di vivere di competizioni e di scelte decise da chi preferisce un sistema basato su patteggiamenti a somma zero. Nelle aree, geografiche e sociali, in cui si sente una spinta alla modernizzazione probabilmente la riforma vincerà, in quelle, soprattutto meridionali, in cui prevale una specie di ribellismo antimoderno, il vantaggio del no sembra incolmabile. E non sarà la manovra a far cambiare questa situazione.