Prendere a calci un cane non è più un reato grave: colpa della depenalizzazione
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Il giudice applica la depenalizzazione dei reati introdotta da Renzi: "Non ha utilizzato né armi o altri strumenti di particolare lesività"
Sergio Rame - Dom, 31/05/2015 - 14:16 Il Giornale
Aveva preso "ripetutamente a calci" un bassotto nano perché gli aveva sporcato l'edicola "urinando sull'espositore dei giornali".
Ma, finiti a processo per il reato di maltrattamento di animali, l'edicolante è stato prosciolto dal tribunale di Milano che ha applicato le nuove norme sulla non punibilità per "particolare tenuità del fatto" introdotte lo scorso marzo. Insomma, per effetto della depenalizzazione dei reati voluta dal governo Renzi prendere a calci un cagnolino indifeso non è più un reato grave e, per questo, motivo la si può fare tranquillamente franca.
Il 10 ottobre del 2011 il bassotto passeggiava al guinzaglio quando ha deciso di fare la pipì sull’espositore dei giornali. L'edicolante si è infuriato a tal punto da prendere a calci l'animale scaraventandolo "ad alcuni metri di distanza" e causandogli, stando ai referti del veterinario, dolori "lungo tutta la colonna vertebrale" e un "evidente stato di shock". Per il giudice della quarta sezione penale, Marco Tremolada, però, l’imputato può essere dichiarato "non punibile per particolare tenuità del fatto" perché "ha sì posto in essere una condotta lesiva nei confronti del cane della persona offesa (che ha sporto denuncia, ndr), ma non ha utilizzato né armi o altri strumenti di particolare lesività, né modalità tali da far ritenere che la condotta sia stata espressione di un gesto gratuito".
Nelle motivazioni, il giudice ha sottolineato che "si è trattato di un gesto condizionato dalle circostanze (...) nell’immediatezza di un comportamento dannoso tenuto dal cane". Nessuna azione "premeditata", quindi, "né animata dalla diretta volontà di ledere l’animale" e nemmeno "sevizie" o "crudeltà" e in più per il giudice il cane non ha "riportato lesioni gravi". Anche se è vero, scrive il magistrato, che la "questione" poteva essere "risolta" con il proprietario del bassotto senza "la necessità di adoperare violenza contro l’animale".
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