Parlamento balcanizzato: già finita la pax quirinalizia
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La “terza maggioranza” non esiste più, il Pd si spacca. Renzi si intrattiene, in maniera del tutto inusuale per un premier, con i deputati lontano dai banchi del governo
14/02/2015 FEDERICO GEREMICCA, La Stampa ROMA
E meno male che l’arbitro aveva chiesto una mano ai giocatori... Invece, nemmeno il tempo di insediarsi, ed ecco Sergio Mattarella alle prese con una delle più dure battaglie campali che il Parlamento ricordi, in epoca recente. Una battaglia che sta mandando definitivamente al macero non solo le speranze di una possibile pax interna al Pd, ma la stessa cosiddetta “terza maggioranza” appena formatasi proprio intorno al nome (e all’elezione) del nuovo Presidente della Repubblica.
Lo scontro è totale, e facilmente leggibile nella sua semplicità: come da dodici mesi a questa parte, è di nuovo Renzi contro tutti. Anche lo schema che il premier prova ad imporre è quello di sempre: il fare contro il frenare. Solo che stavolta c’è di mezzo la riscrittura della Costituzione e quella filosofia - le riforme vanno fatte con tutti - che proprio Renzi aveva eletto a base teorica del cosiddetto Patto del Nazareno. Una contraddizione non da poco. Che sommata ai dietro-front di Forza Italia (dal co-protagonismo sulle Grandi Riforme agli allarmi sulle svolte autoritarie) trasforma il tutto in un pasticcio incomprensibile.
Incomprensibile ma pericoloso. E’ l’avvertimento che a sera - ma chissà con quanta speranza - lancia Pier Luigi Bersani di fronte a Renzi e all’assemblea dei deputati pd: “Se il governo pretende di avere il dominio, poi finisce in rissa...”. Nè meno preoccupata è Rosy Bindi che pure - dopo l’elezione di Mattarella - ha ripreso qualche forma di contatto col premier-segretario. “Gli scrivo quello che penso, avanzo qualche suggerimento... Abbiamo già disintegrato - dice - la maggioranza con la quale abbiamo eletto il Capo dello Stato. Almeno Sel andrebbe recuperata... E Renzi non può rispondermi ogni volta che o si approva nei tempi fissati la riforma del Senato o si dimette e ci porta alle elezioni...”.
Tutti insieme
Fa impressione, quando è ormai quasi ora di pranzo, vedere i capigruppo dell’opposizione (M5S escluso) annuciare, gomito a gomito, l’Aventino, cioè l’abbandono dei lavori e dell’aula. Brunetta, fino a ieri strenuo difensore dell’intesa col Pd sulle riforme, annuncia che “a Renzi e al Pd gli faremo vedere i sorci verdi”. Scotto capogruppo di Sel annuisce, la Lega gongola, il partito di Meloni e la Russa pure... Qualcosa non torna, in tutta evidenza. Renzi avvisa: «Non mi sono fatto ricattare da Berlusconi sul Quirinale, non mi farò ricattare da Grillo sulle riforme».
Ma la minoranza pd è di nuovo sul piede di guerra, Fassina e Civati annunciano il loro non voto alla riforma, e la resa dei conti che sembrava esser stata allontanata dall’elezione di Mattarella torna ad apparire inevitabile. A sera i deputati del Pd tornano faccia a faccia col premier-segretario alla ricerca di una via d’uscita. Si tenta di individuare un percorso che permetta almeno il ritorno in aula degli uomini di Vendola: ma è un sentiero stretto, troppo stretto...
Avanti
Renzi, del resto, ripropone il suo schema. «L’obiettivo vero è dare un colpo al governo - ripete per tutto il giorno - sono mesi che discutiamo e ora è il tempo di votare. Non ci faremo bloccare nella palude, poi saranno gli italiani a decidere col referendum se stare con noi o col Comitato del no, cioè con Brunetta, Salvini e Grillo». Due diritti contro, insomma: quello a decidere ed a legiferare, invocata da Renzi e dalla sua maggioranza nel Pd; e quello a discutere ancora ed a varare la riforma del bicameralismo perfetto in un clima che ricordi, anche solo da lontano, un confronto politico civile, così per dire.
Il macigno
Come da mesi a questa parte, però, il vero macigno che separa Renzi dal resto del mondo è l’assoluta e reciproca mancanza di fiducia (fenomeno che ha raggiunto l’apice proprio con l’elezione di Mattarella e la rottura del Patto del Nazareno): il premier è convinto che Forza Italia e Cinque Stelle forzino i toni solo per frenarlo e per occultare la loro crisi; gli altri, al contrario, sono convinti che a Renzi della riforma importi poco o nulla e che il punto sia solo trasmettere agli italiani l’immagine di un premier che non si ferma e che decide.
I numeri
E la giornata si chiude così: si va avanti, accada quel che accada. Gli uomini della minoranza Pd hanno la faccia scura, Renzi sembra soddisfatto e certo della via intrapresa. Si rigira tra le mani gli ultimi sondaggi, che lo danno in forte risalita nella fiducia degli italiani. Numeri branditi come una clava. Il tempo del ramoscello d’ulivo verrà, se mai verrà...