Renzi spariglia le carte disarcionando il Cavaliere.
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Ma il gioco è solo all'inizio
di Pierluigi Magnaschi Italia Oggi, 30.1.2015
Le previsioni della vigilia per l'elezione del presidente della repubblica sono state in parte rispettate e in parte disattese. È stata rispettata la valutazione che nelle prime tre votazioni (nelle quali è necessaria la maggioranza qualificata, 673 voti, che è oggi irraggiungibile per qualsiasi raggruppamento politico) i grandi partiti avrebbero votato scheda bianca per non logorare il loro candidato. La parte disattesa invece è che mentre il Pd che, in attesa della quarta votazione (quando basteranno 506 voti), avrebbe dovuto fare melina, evitando di indicare il suo candidato, ha invece scardinato le attese e ha presentato subito il candidato del suo partito,Sergio Mattarella.
Facendo questa scelta, Renziha raggiunto due obiettivi. Da una parte, ha improvvisamente ricompattato il Pd che, nei giorni scorsi, sembrava essere sull'orlo di una guerra civile. Ma, dall'altra, ha dovuto infrangere, su un passaggio così strategico, il patto del Nazareno da lui sottoscritto con Berlusconi. Un patto solido, che era riuscito (fra l'altro) a far passare la legge elettorale, contro l'approvazione della quale la minoranza Pd aveva fatto mancare i suoi voti.
Questa legge elettorale, che non stavabene a Berlusconi, era il pedaggio che il Cavaliere aveva deciso di pagare per poi poter lavorare in coppia con Renzi nell'elezione del presidente della Repubblica. Ma, al momento di monetizzare, in senso politico, il suo sacrificio, Renzi era già dall'altra parte. Il premier infatti, dovendo arbitrare, da una parte, fra la non escludibile scissione del Pd e il contemporaneo attacco concentrico di tutta la sinistra nei suoi confronti e, dall'altra, sulla sua lealtà nei confronti di Berlusconi, non ha esitato a scegliere quello che, per lui, è il male minore, mandando a quel paese il Cavaliere.
Di fronte a questo nuovo scenario,il disappunto di Forza Italia e dell'Ncd di Alfano erano inevitabili. Renzi, con uno dei suoi tradizionali testa e coda già messi a punto con Enrico Letta, dopo aver incendiato il patto del Nazareno, si è subito messo a fare il pompiere, dicendo che non è successo niente di grave. Tuttavia, nel contempo, Renzi ha fatto anche capire che, alla quarta votazione, il Pd e i suoi alleati, anche se occasionali (Sel, Sc, Per le autonomie e i 5stelle, assieme a elettori sparsi) possono eleggere il presidente della Repubblica anche senza il concorso di Fi e del Ncd.
Non solo, ad ulteriore minaccia, Renzi (che pare proprio aver tagliato i ponti con Berlusconi; ma con questi due non si può mai dire mai, tanto sono spregiudicati entrambi) Renzi, dicevo, ha fatto notare, come ulteriore minaccia, che chi volesse logorare la candidatura di Mattarella, rischia di trovarsi tra i piedi la candidatura di un magistrato. Ed ha gettato lì, con terribilenonchalance, il nome di Raffaele Cantone, attuale responsabile dell'Autorità contro la corruzione.
Anche se Renzi, sulla carta, ha (anche senza il concorso di Fi) i voti per riuscire a eleggere Mattarella alla quarta votazione (506 voti) va messo però anche in conto la possibilità che ci siano, fra i suoi, almeno un 10% di franchi tiratori. La loro latitanza però potrebbe essere neutralizzata dai 40 parlamentari che si dice controlli Fitto.
Il nostro Bucchi, in uno scoopche viene pubblicato pag. 7, ha accertato che Berlusconi sta cercando di punire Fitto tagliandogli l'erba sotto i piedi proprio nella regione, la Puglia, nella quale Fitto è il ras come dimostrano le 284 mila preferenze da lui raccolte nelle ultime elezioni europee.
Evidentemente il Cavaliere,scatenando questa sua caccia all'uomo, non tiene conto che Raffaele Fitto e i suoi uomini hanno adesso la possibilità, nel segreto dell'urna, di nuocergli gravemente, sovvertendo i suoi piani «alla nazarena» in un momento cruciale com'è quello, appunto, dell'elezione del presidente della repubblica. Berlusconi, in sostanza, voleva asfaltare Fitto ma rischia invece di essere asfaltato dal politico pugliese.