Ora si decide quel che è già deciso
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Un anno e mezzo fa Roma era sotto l’assedio della chiassosa folla dei vaffanculisti e il sistema in uno stallo esiziale. Dopo il patto del Nazareno tutto è cambiato: torna benedetta la spregiudicatezza
di Giuliano Ferrara | 28 Gennaio 2015 ore 06:18
Solo il nome non si conosce, ma è la cosa meno importante. Spesso le quisquilie eccitano la fantasia, specie nei pigri. Ma non sono più i tempi in cui intorno a un nome si coagulavano correnti di partito stabili e significative, pezzi di società, lobby molto influenti, non sono più i tempi di Gronchi, Segni, Saragat, Leone, lo sfortunato Fanfani e altri potenti o araldi della Repubblica la cui scelta era dirimente per definire gli assetti di un sistema politico senza alternative, senza mobilità, segnato dalla Guerra fredda e al riparo di una vecchia Italia ideologica, perfino confessionale, catafratta nel giovane costume costituzionale succeduto alla monarchia e al fascismo. Non sono nemmeno i tempi di Cossiga, Scalfaro, Ciampi o Napolitano: grandi manovre parlamentari, carta vince carta perde. Una volta il presidente decideva del premier, ora è l’opposto.
Qui si decide, appunto, quello che è già deciso. Il nome, come l’intendenza, seguirà. Un anno fa o poco più, primavera del 2013, con la formidabile cavalcata pazza di Berlusconi e la penosa disfatta di Bersani, accompagnate dal rampantismo antipolitico mediatizzato del parvenu Grillo, tutto si era bloccato, pagavamo il pegno della cacciata del capo del governo eletto dagli italiani nel 2008, di una crisi oscura e percepita come varco sull’apocalisse, e non c’era né una leadership seria ed efficiente né uno schema di gioco politico credibile e stabilizzante, e al tempo stesso capace di muovere le cose. Le due novità da quando fu rieletto in emergenza Napolitano, cosa inaudita, da quando la faccia tosta dei vaffanculisti portava le truppe cammellate davanti alle Camere a gridare nomignoli presi dalla malagestione della rete o web (Rodotà-tà-tà), sono arrivate dopo la grottesca condanna per frode fiscale dell’Arcinemico del paese procuratizio che agita la legalità come una clava o una bandiera politica: le due novità si chiamano patto del Nazareno e, in stretta correlazione, ascesa al potere di Renzi e stabile intesa tra i contraenti del patto per riforme importanti dell’assetto politico e costituzionale. Una delle ragioni per cui Berlusconi fu alfine punito da una sezione feriale della Cassazione è che in quelle settimane di scacco e di impazzimento, tutti contro tutti, aveva chiesto due cose: la rielezione del presidente in carica e un governo di coalizione nazionale, e le aveva avute (ciò che è imperdonabile per un animale politico di cui i benpensanti sono da sempre alla caccia). E la ragione per cui Renzi sta costruendo una leadership credibile è nel fatto che questa cosa l’ha capita, non ha fatto finta di niente, non si è messo sulla scia del solito partito della gogna, al contrario ha ricevuto il pregiudicato in casa sua e ha fatto un patto spregiudicato.
Il presidente della Repubblica, anche se ora il Cav. fa giustamente il vanitoso di rango e rinvia ad abboccamenti personali eventuali l’incontro con il premier, perché non ha mai amato far parte di una delegazione di partito, perché della politica ha sempre amato il fuoco e non le forme, il presidente sarà ovviamente scelto su proposta di Renzi, che sa come pelare le altre gatte che ha nel suo partito, e su conforme avviso del nazareniko Berlusconi. Lo si sa perfettamente da tempo, e una delle cose che rendono appetibile per un vecchietto il prendere una misura di distanza dalla responsabilità giornalistica, è questa inerziale tendenza a raccontarsi storie, frottole, e a far chiacchiere. E’ confortante che la patria degli italiani e della politica non abbia perso il gusto dell’arte che solum è sua, e che un’anomalia tiri l’altra, come le ciliegie, come le cerase. Sono tutti scandalizzati dal contatto tra le due figure del patto, io sono estasiato con ironia: la condizione umana perfetta.