La Germania non sembra più tanto riunita:

vedi le proteste contro l’islam. Nei vecchi Länder le proteste del movimento Pegida non attecchiscono, a est vanno forte ma c’è chi si oppone

di Andrea Affaticati | 07 Gennaio 2015 ore 06:30 Foglio

Milano. E’ di nuovo un muro contro muro tra schieramenti opposti, tra “manifestanti anti islamizzazione” e contro manifestanti, proprio nella Germania che quest’anno festeggia i 25 anni dall’unificazione. A testimoniarlo sono le manifestazioni di ogni lunedì a Dresda, nel Land Sassonia, ex Ddr, dove scendono in strada diciottomila “Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’occidente” (Pegida). Però le manifestazioni indette a Berlino e soprattutto quella a Colonia, che doveva consacrare l’affermazione di Pegida anche nei vecchi Länder, sono state un flop. Angela Merkel ha reagito lentamente, come d’abitudine. Prima ha ignorato la protesta, nella convinzione che si trattasse di un fenomeno passeggero. Supposizione rivelatasi errata, visto che lunedì dopo lunedì aumenta il numero di coloro che a Dresda manifestano contro la “Überfremdung” (l’eccesso di stranieri, in particolare di musulmani che vivono già o arrivano in Germania in fuga dalle guerre in Siria e Iraq, e che mettono a rischio la cultura e la natura germanica). E così Merkel ha deciso di andare al contrattacco, usando parole nette e dure. Nel discorso di inizio anno ha messo in guardia i connazionali da qualsiasi genere di razzismo: “Non seguite coloro che vi incitano a questo atteggiamento… Troppo spesso nei loro cuori c’è solo gelo, a volte addirittura odio… E’ vero, scandiscono lo slogan ‘Noi siamo il popolo’, ma quel che veramente intendono dire è: ‘Voi non ne fate parte, per il colore della vostra pelle o per la vostra religione’”.

Anche il capo di stato Joachim Gauck, aveva già messo in guardia dai pifferai magici i connazionali. Ma il discorso di Merkel ha fatto più effetto perché nei nove anni alla guida del paese, non si era mai espressa con questa durezza e chiarezza. E’ vero, da una parte le proteste di Dresda non si possono più ignorare, visto il crescente numero di partecipanti. Ma c’è anche il fenomeno della prolificazione. Già poco dopo la prima manifestazione di Pegida a Dresda venivano a costituirsi comitati di Pegida anche in altre città: Bärgida a Berlino, Dügida a Düsseldorf, Bogida nell’ex capitale Bonn, e via dicendo (per quanto non abbiano mai radunato più di un pugno di persone).

Come detto, lunedì doveva essere anche il battesimo del fuoco di Pegida a Colonia, cioè di KöGiDa. Se si fosse riusciti a portare in strada migliaia di persone anche nella più grande città del Nordrhein-Westfalen (il Land ex roccaforte dell’Spd), allora si poteva contare anche su un futuro radicamento nei vecchi Länder. Ma così non è andata. A Colonia si contavano giusto 150 persone. Inoltre i manifestanti di KöGiDa volevano arrivare fino al duomo. Il prevosto, già domenica, aveva però fatto sapere, che in segno di dissenso avrebbe spento le luci che illuminano il duomo (una decisione che gli ha portato molto plauso e ancora più critiche). A Berlino è stata invece la cancelleria del Senato a spegnere alle ore 19 le luci che illuminano la Porta di Brandeburgo. A Berlino Bärgida aveva raccolto 350 manifestanti. In compenso a Colonia, Berlino e in altre città, Dresda compresa, erano in migliaia a manifestare contro Pegida.

La domanda più pressante è ovviamente se davvero tutti i manifestanti sono abitati da pulsioni xenofobe e razziste. E’ vero che a Colonia sono stati esponenti della destra radicale a organizzare KöGiDa. Ma non vale necessariamente per Dresda. Lì vale probabilmente quanto spiegato dallo storico Heinrich August Winkler, in una precedente intervista al Foglio, e cioè che si tratta di “conservatori senza più patria, i quali ai tempi di Weimar avrebbero votato per il Partito popolare nazionale tedesco”.

Tornando alla Kanzlerin. Alexander Robin, giornalista della Welt, scriveva ieri: “Se Merkel avesse deciso di andare incontro a Pegida, avrebbe messo a rischio tutto ciò che l’Unione rappresenta dal 1949”. Un partito conservatore, è vero, ma non reazionario e comunque un partito “alla destra del quale non ci deve essere nulla”, come usava dire il capo della Csu Franz Josef Strauss. Verrebbe da pensare che Merkel si sia appropriata di questo detto. Non fosse che la Kanzlerin, dopo aver fatto digerire al suo partito l’idea che la Germania è un paese di immigrazione e aver spostato in genere il baricentro dell’Unione sempre più verso il centro (sinistra), ha alimentato la battuta secondo la quale: alla sinistra dell’Unione guidata da Merkel non ci può essere nulla. Ma battute a parte, un problema a quanto pare esiste. Ed è un diverso sentire verso la Germania paese di immigrazione, come nel frattempo ha accettato che sia anche la Cdu. E se nei vecchi Länder questo ormai è un dato di fatto, nei nuovi non parrebbe essere così.

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