Etero cura te ipsum. Eminenti cattolici vittoriani si

ribellano a un corsivo del Foglio e attribuiscono alle mene liberal di Rep. la messa in guardia verso un loro convegno pro familia. Hanno ragione?

di Giuliano Ferrara | 06 Gennaio 2015 ore 15:03 Foglio

Vabbè, sono caduto in trappola. Enfatizzazioni maliziose e caccia all’omofobo, gli sport prediletti dei media liberal, mi hanno tratto in inganno. Devo stare più attento quando prendo per buona una cronaca di Repubblica e i suoi virgolettati. La procedura standard di questo giornale, quando ci sia da scusarsi, è scusarsi. Il professor Introvigne assicura che da moderatore lascerebbe il convegno e tornerebbe a casa se divenisse tribuna di un’impostazione positivistico-terapeutica della questione omosessuale, ma non ha motivo di farlo in base alle sue informazioni. Amicone (ciao) scortica il business omosessualista di Repubblica con argomenti forti. La Miriano, di cui avevo ricordato le doti di scorrettezza letteraria e ideologica, dice che è estranea al caso e anche disinteressata alla faccenda, salvo per la tutela amicale di quanti fanno accompagnamento pastorale di omosessuali a disagio con se stessi, che chiedano aiuto, il che certo non è vietato né vietabile a senso comune. Un po’ di rumore per nulla.

Eppure un punto lo mantengo, e credo di far bene a rinviare le scuse senza niente togliere alle controargomentazioni che pubblico volentieri. Ed è quello decisivo, il punto. Con Ratzinger e con Ruini certe idee hanno dispiegato la loro forza e creatività disponendosi all’attacco del dottrinarismo secolarista. Ciò che risultava decisivo nell’argomentare, nel polemizzare, nel costruire era la progressiva trasformazione di tesi secolariste radicali in religione dogmatica, da una libertà senza confini e definizioni alla definizione di un limite pesante alla libertà e alla pluralità e alla differenza del mondo e nel mondo.

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 Quando si parlava di vita, di famiglia, di eugenetica, di contraccezione, di tecnoscienza era per affermare cose che ci sembravano e ci sembrano giuste allo scopo di smantellare una corazza di conformismo sistematico imposta dal decalogo dei diritti che realizzano i desideri, dall’attacco a colpi di codice civile al matrimonio, dalla imposizione di un modello pansessualista (non importa se omo o eterosessuale) privo di colore e calore amoroso, sterile nella sua essenza, incapace di combinare senso, piacere e esperienza della diversità. Quelle battaglie erano orientate a creare e proteggere uno spazio pubblico, come si diceva allora, in cui soggetti irriducibili l’uno all’altro, e qui entrava in ballo il peso logico e spirituale della cultura e del pensiero cristiani, praticassero la libertà delle opinioni e dei comportamenti senza che la legge uniformasse tutto nel proceduralismo, nella conta della maggioranza, nel mainstream: i criteri non negoziabili furono scandalosi, provocatori e rivoluzionari perché erano, e i laici ne capivano la potenza laica, una richiesta assoluta di libertà, di autonomia, di testimonianza intellettuale e morale senza restrizioni e senza pregiudizi. Nelle battaglie più acute fummo raggiunti da drappelli di femministe spregiudicate, da psicoanalisti, da un esercito piccolo ma significativo di liberi e di forti che coglieva nell’impostazione della cosa un elemento di modernità, intendendo per modernità non una bandiera ideologica sciatta bensì un problema, e dei più complicati.

In certe iniziative di oggi il tono mi sembra cambiato. Io rispetto e incoraggio le posizioni tradizionaliste, che hanno un diritto assoluto di presenza nel dibattito laico e sono a torto, et pour cause, demonizzate e censurate. Se uno mi dice che l’omosessualità è peccato, rispondo che ha ragione, da un punto di vista cristiano. Per fare lo spiritoso, in televisione, nei dibattiti più bolsi e affettati, tagliavo corto dicendo: “Ma sì, l’omosessualità può essere affettivamente meravigliosa, la consiglio a tutti, ma posso garantire che è contro natura” (una specie di chi-sono-io-per-giudicare prima dell’evento papale). Bene. I co-organizzatori del vostro convegno (Obiettivo Chaire) si riferiscono allo psichiatra americano Joseph Nicolosi, alla sua clinica californiana e alle sue tesi “riparative” che puntano sul trattamento psicoterapeutico, e per soprammercato al gruppo Desert Stream Ministries (Living Waters), che fa da “accompagnatore pastorale” di questa bizzarra idea che l’omosessualità sia una psicopatologia da curare e non, come io credo, una libera variante contronatura dell’identità erotica di uomini e donne, che i cristiani hanno tutto il diritto paolino di considerare peccato, senza confondere questo con le psicopatologie. Ecco. Direte che voi non c’entrate. Che avete mantenuto il nesso di ragione fede e libertà alle origini del grande movimento per la vita e in difesa non conformista della famiglia biparentale e del matrimonio. Sono contento se lo direte. Ma riflettete, se ne abbiate voglia, su quel velo di tristezza autodifensiva e su quel finto balsamo spirituale che è la coscienza rettamente formata in mano allo psichiatra

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