La Cgil usata come testa d'ariete contro Renzi dagli

sconfitti del Pd. Un governo, anche un governo di sinistra, può fare a meno benissimo del consenso sindacale,

specialmente quando deve impostare operazioni riformatrici complesse che modificano lo scenario di fondo delle relazioni sociali. È accaduto a Gerhard Schroeder quando ha impostato le riforme che hanno fatto uscire la Germania da una condizione critica, lo ha fatto Tony Blair quando ha rifiutato di abolire l'impostazione liberista che aveva permesso a Margareth Thatcher di riavviare l'economia britannica, lo ha fatto Felipe Gonzales quando ha corretto alcune delle più vistose bardature corporative che imbrigliavano la Spagna durante il regime franchista. Superata la fase in cui era necessario operare cambiamenti radicali senza attendere il consenso sindacale, però, i grandi partiti della sinistra europea hanno ricostruito eccellenti relazioni con la confederazione di riferimento, che peraltro non erano mai arrivate al livello di tensione e di delegittimazione che sembra caratterizzare quelli attuali tra Matteo Renzi e la Cgil.

È vero che l'esigenza di riforme da realizzare senza guardare in faccia nessuno è particolarmente stringente in Italia, è vero che l'eclissi subita dai partiti decapitati per via giudiziaria negli anni 90 ha conferito alle confederazioni (e alla magistratura) una sorta di supplenza istituzionale che non sono disposte ad abbandonare facilmente. Questi elementi, tuttavia, non bastano da soli a spiegare la piega particolarmente bellicosa che hanno assunto i rapporti tra Pd e Cgil. Probabilmente il dato specificamente legato alla vicenda della sinistra italiana è la mutazione abbastanza repentina dell'asse politico fondamentale del Pd, che si è spostato verso il centro in modo anche più rapido di quel che accadde nel partito laburista quando Blair ne conquistò la guida, ma al termine di una lunga battaglia politica esplicita. Renzi ha conquistato la guida del partito prima e del governo quasi subito dopo per il ritiro degli avversari, di Pierluigi Bersani che aveva perso una competizione elettorale senza avversari ed Enrico Letta che sembrava solo un commissario europeo.

Proprio perché così repentina e inattesa, l'affermazione di Renzi è apparsa altrettanto rapidamente reversibile ai suoi oppositori interni, che però, dopo aver perso sul piano parlamentare e di partito tutte le battaglie (anche perché Renzi ha ottenuto la controassicurazione di Forza Italia), puntano a usare la forza della battaglia sindacale conservatrice per costringere il segretario alla trattativa. Anche questo disegno, però sembra destinato al fallimento e i dirigenti della Cgil che sono stati usati, più o meno consapevolmente, come testa d'ariete, finiranno col pagare il conto, dopo aver creato inutili danni al Paese.

di Sergio Soave  Italia Oggi , 23.11.2014

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata