Rubano tutti, sì, proprio tutti
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La storia delle mazzette è ormai ossessiva,
i comportamenti ai confini della legalità o illegali sono uno stato morboso diffuso e costante, epidemia dalla quale a tutti i costi ci si deve riscattare
Tutti hanno capito che c’è qualcosa di ossessivo nell’ineluttabilità delle mazzette, ora a quanto pare anche nella forma di stipendi corruttivi su base annua. Persone deliziosamente bipartisan, da ultimo il sindaco di Venezia e l’ex presidente della regione veneta, sono finite nell’ennesima grande retata del nord insieme al fiore di imprenditoria e finanza, salotti mica male. Ma che dire dei militari della Gdf, anche in pensione? Dei magistrati della Corte dei conti, così ciarlieri contro la corruzione? Che dire delle segretarie, di cui una volta nel mondo in cui piaceva la donna “procace” si diceva che “non sanno battere a macchina ma sanno fare altre cose”, pesante allusione sessuale machista ora da riciclare in allusione finanziaria? Il Mose? E dunque un Consorzio Venezia Nuova molto chic, che ha avuto presidenti di grande standing civile e mondano, a partire da un politico con i fiocchi, amico del gruppo Espresso e del principe Caracciolo, come Luigi Zanda, figlio di un capo della polizia (Efisio Zanda Loy); un Consorzio che editava romanzi di giornalisti di successo e li presentava alla mondanità della Laguna, che affidava le opere colossali ai meglio progettisti ingegneri e archistar con plaquette illustrativa incorporata: e chi siamo noi per giudicare di tanta abbondanza e trasparenza, per infangare tutto e tutti, gli intellettuali che baruffavano e berciavano con il solito effetto nullista intorno alla utilità di un mostro d’opera venticinquennale, per giudicare dei suoi costi? E poi: ci sarà ancora l’acqua alta a Venezia o, una volta completato l’affare del malaffare, scomparirà, e tutti a novembre in giro per le calli a piede asciutto?
A due ore e mezzo di treno, linea nord su nord, ci sono le faccende dell’Expo, altra grande esposizione internazionale. E anche lì platee inquisite e arrestate bipartisan, qui si tratta di terra e non di acqua ma fa lo stesso, e ci sono le cooperative, poco più in là le cliniche, le fondazioni, le autostrade, gli scandali corruttivi interessano tutti, apparati, centri commerciali, ovunque mazzette. E già si prevede o si auspica roba forte per la Tav, altre due ore di treno sulla linea del nord, una grandissima opera che chiede solo quest’ultimo tipo di delegittimazione, dopo la guerriglia di territorio, l’inutilità proclamata del tunnel, la nuova resistenza ispirata degli intellettuali e dei popolani della Val di Susa. E si aspettano altre manette per altri sindaci, assessori regionali, funzionari, e nuove autorità anticorruzione, nuovi Catoni Uticensi, nuove censure a mezzo stampa, nuovi blog di Grillo, ché se lo scandalo lagunare avesse preceduto le elezioni, invece che opportunamente seguirle – per decisione si immagina di un Carlo Nordio, il pm da vent’anni all’inseguimento di mazzette rosse e multicolori con gli applausi della destra, del centro e della sinistra – se avesse preceduto le elezioni, dicevamo, il movimento del dottor Gribbels sarebbe sceso al dodici per cento, chissà.
Ci siamo stufati, s’è detto ieri. Eccheppalle. Sempe la stessa sbobba. Una mogliettina giovane. Una casa da ristrutturare in modo principesco. Una promozione sociale estesa, matrimoni, feste, denari, cose che tutti vedono, persone notoriamente dall’apparenza molto perbene, cose che il sindaco Cacciari censura in tempo ma senza malevolenza, da filosofo-re (“e sono ricco di famiglia”, ricordò un tempo): suo l’equilibrio giusto per non stupirsi delle catastrofi. La catastrofe è la prevedibilità, la ripetitività, la sistematicità, l’estensione senza speranza. Craxi diceva che rubavano tutti, e tutti a dire che questo era un modo di assolversi, ma aveva ragione lui, il finanziamento dei partiti e il finanziamento personale e di gruppo dei finanziatori dei partiti, e tutto il resto passando per le istituzioni di controllo, per gli apparati militari e di giustizia, tutto, tutto il resto è parte di questa giostra ossessiva della corruzione morbosamente universale. Berlinguer aveva un temperamento malinconico e una facies ultrarispettabile e un modo di vita impeccabile. Morì durante un comizio contro Craxi, è stato eroe della prima questione morale, e dopo di quella ce ne sono state altre quindici, ma il suo partito non viveva d’aria, e si sa dove prendeva i soldi per gli apparati e gli stipendi dei funzionari delle federazioni. Chiedete a Nordio persecutore delle coop rosse, quello stesso dello scandalo d’ora in Laguna, vent’anni dopo le inchieste di Milano finite politicamente nello 0,6 per cento del partito di Di Pietro e in una trasmissione imbarazzante della Gabanelli. Chi da un punto di vista, chi da un altro, in questi ultimi decenni tutti noi italiani capaci di una prospettiva pubblica abbiamo visto tutto, commentato tutto e fatto tutte le parti in commedia. Il grido indignato, l’appello liberale a tagliare le regole e autorizzazioni, la logica castigamatti dei manettari, l’irrisione gognesca senza riscatto garantista, il disinteresse snob che qui abbiamo sempre praticato per i dettagli lubrichi della democrazia. E abbiamo visto condanne, assoluzioni a sorpresa, pentimenti, impenitenze dure, tenaci, riemersioni oltre il credibile di vecchi spettri. La corruzione, la corruzione: ora e sempre, come diceva Calamandrei della resistenza antifascista.
La corruzione è parte della vita e parte integrante delle democrazie, si esprime in vari modi ai confini della legalità o nell’illegalità conclamata, dal lobbismo ai conflitti di interessi di cui è piena la vita americana; la venalità è il peccato originale della politica e nei secoli ha avuto modo di manifestarsi in ogni forma possibile, senza eccezioni per le oligarchie e le aristocrazie e i governi popolari, non esclusa la vita del popolo di Dio e della sua chiesa o delle sue diverse denominazioni religiose. La corruzione, il nero, penetra nelle viscere sociali, riguarda più o meno tutti, ora vogliono mettere nel prodotto interno lordo anche gli epifenomeni del traffico di droga della prostituzione, e si spera in grandi benefici per la crisi da debito (più alto il pil, più basso il deficit, più rapido il rientro dal debito). E poi le banche, proprietarie dei giornali, e gli editori puri cosiddetti, e tutti i soggetti insomma di qualche peso. E’ un’ossessione circolare, la corruzione, è il circolo del Bandello in cui a ciascuno tocca la sua parte di tortura, di dispiacere e di piacere. Bisognerà razionalizzare questa ossessione generatrice di ipocrisia. Affidarne la parte di rilievo ai moralisti veri, conoscitori della natura umana. E la noiosa parte legale ai magistrati seri, che sappiano discernere il grano dal loglio, e punire con rigore, senza generalizzare e senza offrirci perpetue occasioni di indifferenza, di cinismo o di falsa indignazione.
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Giuliano Ferrara, 6 giugno 2014 - ore 06:59