La normalità impossibile di Kagan. Il saggio che critica

in modo fair ma risoluto la Obamapolitics

Il saggio apparso in questi giorni su New Republic, che pubblichiamo oggi nel Foglio (e con l'articolo che segue) ha una particolarità che lo rende eccezionale: non nomina mai il 9/11, il giorno fatale in cui New York e Washington subirono un bombardamento feroce sul World Trade Center e sul Pentagono, con migliaia di morti per mano di fondamentalisti islamisti della rete di Osama bin Laden. Lo studioso neoconservatore Robert Kagan, già autore di un celebre breve trattato sulla differenza tra americani ed europei che fece epoca negli anni di preparazione della guerra “unipolare” per la rimozione di Saddam Hussein (anche quello fu pubblicato dal Foglio in Italia in esclusiva), ha pensato di poter criticare lo stato attuale dell’America di Obama, e la politica estera della Casa Bianca “riluttante”, senza un esplicito riferimento al fatto decisivo dell’inizio del XXI secolo, ha pensato di non averne bisogno e di poter largamente prescindere, dunque, dalle polemiche confuse e rovinose intorno all’America di George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld.

Questo testo di Kagan allunga lo sguardo sull’intera storia degli Stati Uniti nel Novecento e rintraccia delle costanti capaci di dar conto dello scontro fra rassegnati e idealisti, e delle sue conseguenze nelle diverse fasi del Novecento americano e mondiale. Il paradigma dell’analisi risulta così più distaccato, ma più efficace. Su un giornale liberal ma non stupido, che ebbe una funzione importante nella costruzione di un’opinione non conformista all’epoca della presa americana di Kabul e di Baghdad, Kagan ha dispiegato le sue obiezioni a un’idea che sarebbe oggi quella della maggioranza degli americani e del presidente democratico: facciamoci i fatti nostri. Idea suicida, a parte ogni considerazione di moralità politica. Il discorso di Barack Obama all’Accademia militare di West Point, letto a contrasto, sembra una lunga risposta a queste tesi. Sembra un tentativo di delineare l’uso di una forza intelligente, e di una sua proiezione attiva oltreoceano, ma senza coinvolgimenti militari e nel rispetto, sebbene contro ogni logica neoisolazionista, del carattere multipolare dell’ordine mondiale come Obama lo vorrebbe. Il pesidente americano ci ha abituato a splendenti esercizi di oratoria, non si smentisce mai: risolve con la sua grammatica illuminata problemi che un solido analista storico come Kagan imposta secondo le tremende regole della verità effettuale della cosa. Ai lettori il modo di confrontare i due approcci.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

Giuliano Ferrara, 9 maggio 2014 - ore 09:26

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