UNA CRISI SENZA FONDI - NON CI SONO SOLDI?
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E 1,4 MILIONI DI ITALIANI SOSPENDONO I VERSAMENTI
AI FONDI PENSIONE. TANTO DEL DOMAN NON V'E' CERTEZZA (NEMMENO DELL'OGGI ORMAI)
Tra fondi aperti e piani individuali pensionistici (Pip) ci sono «oltre 1 milione» di situazioni in cui i lavoratori hanno smesso di versare i relativi contributi. Un problema in più, considerato che, in generale, il numero dei lavoratori che aderiscono a forme complementari di pensione resta relativamente contenuto…
Francesco Spini per ‘La Stampa', 29 MAG 2014 10:36
Proprio adesso che «la persistente fragilità del quadro macroeconomico europeo» rischia di «mettere sotto ulteriore pressione la tenuta dei sistemi pensionistici», l'altro pilastro, quello della previdenza complementare, registra un aumento di abbandoni. Nella sua relazione annuale, il presidente della Covip, Rino Tarelli, segnala che «nel corso del 2013 circa 1,4 milioni di posizioni individuali non sono state alimentate mediante il versamento di contributi». 200 mila posizioni riguardano fondi pensione negoziali, destinati a specifiche categorie, 100 mila si riferiscono a fondi preesistenti.
La maggior parte delle posizioni «silenti» riguarda le forme «promosse da intermediari finanziari e assicurativi», tra fondi aperti e piani individuali pensionistici (Pip): qui ci sono «oltre 1 milione» di situazioni in cui i lavoratori hanno smesso di versare i relativi contributi. Un problema in più, considerato che, in generale, il numero dei lavoratori che aderiscono a forme complementari di pensione resta relativamente contenuto. Gli iscritti totali a marzo sono 6,3 milioni, a fine 2013 erano 6,2 milioni, +6,1% in un anno.
Le adesioni ai Pip (+18,9%, 2,3 milioni) superano quelle ai fondi negoziali (-1%, a quota 1,95 milioni). Il punto è che «solo un quarto degli occupati è iscritto» a strumenti integrativi della pensione. In particolare, spiega il presidente dell'authority che vigila sul settore, la diffusione di tali strumenti è ancora limitata «fra i lavoratori autonomi e i dipendenti pubblici, i giovani, le donne, i residenti nelle regioni meridionali, i dipendenti privati delle piccole imprese».
Secondo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, l'aumento dei lavoratori che sospendono la contribuzione ai fondi di previdenza integrativa è «segno della crisi». Occorre «tenere alta l'attenzione sulla previdenza integrativa» perché in assenza di utilizzo di questo strumento i giovani rischiano di trovarsi in prospettiva in una situazione difficile, come evidenzia anche Tarelli nella sua relazione. Il governo studia soluzioni. «C'è l'esigenza di continuare a fare informazione per lo sviluppo della previdenza integrativa. Bisogna lavorare sull'attrattività».
Per il presidente della Covip occorre dunque correre ai ripari, con l'introduzione di meccanismi che «anche salvaguardando la volontarietà dell'adesione, avvicinino alla previdenza complementare il più ampio numero di cittadini». Esempi? Rendere automatica l'iscrizione dei lavoratori dipendenti «al momento dell'assunzione» come avviene nel Regno Unito, salvo la possibilità - entro un certo periodo - di revocarla. Secondo il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni «bisognerebbe rendere l'adesione ai fondi complementari automatica anche per i lavoratori del pubblico impiego». Il tema dell'introduzione di possibili automatismi di adesione ai fondi integrativi, assicura Poletti, è «all'ordine del giorno», anche se nessuna iniziativa è in campo.
Il ministro apre anche ad un possibile utilizzo più flessibile della previdenza integrativa. «Abbiamo un vincolo secco tra l'età della previdenza obbligatoria e di quella volontaria. Non è detto che l'automatismo secco sia la risposta migliore possibile». Non immagina una trasformazione della previdenza complementare in una sorta di «ammortizzatore sociale» ma oggi, sostiene, ci sono «modalità troppo rigide che rendono inutilizzabili risorse che potrebbero essere utili per i cittadini in tempi diversi». Bonanni dice di no: «I soldi sono dei lavoratori: la legge dice che la pensione si fa con il pilastro pubblico e quello integrativo. I due pilastri devono funzionare contemporaneamente».
Nel frattempo il rendimento dei fondi pensione, anche nel 2013, è stato superiore alla rivalutazione del Tfr. I fondi negoziali hanno reso in media il 5,4%, mentre l'8,1% è stato il rendimento medio dei fondi pensione aperti. I pip, attuati tramite prodotti di ramo III, hanno reso il 12,2%. Nello stesso periodo, il Tfr si è rivalutato dell'1,7%. Dal 2000 i «negoziali» hanno reso il 48,7% contro il 46,1% del Tfr.