Perché i militanti grillini non riescono a capire

 la sconfitta del M5s?

La bolla di social network e motori di ricerca che imprigiona chi legge soltanto quello che l'algoritmo gli consente di leggere

"Guardate il video che ha postato M. sul programmatore americano, basta un programma di una ditta Americana!!!", fate girare. "E' colpa di Berlusconi che sta facendo campagna elettorale per il Pd negli ospizi, hanno votato troppi anziani", fate girare. E' che "il messaggio non passa se una persona non Vi segue in rete....anche nei 30enni ci sono persone che navigano solo su social per cercare gnocca. NON PER INFORMARSI", fate girare. Lanciano appelli, denunciano i potenti, smascherano i complotti a colpi di hashtag (#ricontiamoci), video incriminanti e banner colorati sui social nelle pagine cinque stelle, proprio sotto ai messaggi accorati e ben scritti del loro abile leader Alessandro Di Battista. Sono persone che hanno votato il M5S alle europee e che dopo il risultato non hanno smesso di chiedersi come mai il loro partito abbia preso solo la metà dei voti del Partito Democratico. Siccome sono grillini, a Occam preferiscono Giulietto Chiesa.

Persone come Lea De Luca, ieri idolo del web poiché non le tornavano i conti: "Se l’affluenza è stata sotto al 50% come mai la superiamo? Il Pd 40%, il M5S 21%, Forza Italia 16% poi c’è la Lega Nord poi tutti gli altri…". Curioso. E' apparso persino un formulario condiviso su Google con l’obiettivo di ricontare i voti, almeno online. Impossibile stabilire se è un autentico documento cinque stelle o il tentativo di raggiro da parte di chi sfrutta le debolezze altrui. Tra le richieste: nome, cognome, città dove si è votato, numero di telefono e altre informazioni sensibili. Per onestà, l’avvertenza: "Perché [poiché ndr] sia efficace deve essere compilato SOLAMENTE dai cittadini che hanno votato Movimento 5 Stelle alle elezioni europee del 25/5/2014". Capito?

Non si può rispondere proprio a tutti, ma almeno qualche dubbio ai grillini lo si può togliere. Prendiamo ad esempio la signora Mariagrazia Mazzei che su Facebook scrive: "Io penso che qualche forte imbroglio c’è stato. A chiunque chiedessi nella cerchia dei conoscenti amici o parenti tutti dicevano di votare cinque stelle e così gli amici dei miei amici". Certo è sempre uno shock scoprire che la propria timeline su Facebook non corrisponde alla realtà, ma non si può dire sia una cosa nuova. Un movimento che nasce dal web e che fa della Rete un marchio registrato in cui raggruppa tutto il bullismo di un comico annoiato, gli inganni e il dilettantismo come arma letale sul professionismo, e l’onestà che contraddice e subissa la capacità, ebbene, un movimento così merita almeno di conoscere il funzionamento dell’algoritmo Facebook. Il motivo per cui molti grillini spiazzati dal risultato pensano ai brogli è che sono imprigionati nella bolla.

"Uno scoiattolo che muore davanti a casa vostra può essere più interessante per voi delle persone che muoiono in Africa". E' l’epigrafe a firma Mark Zuckeberg che appare nell’introduzione di "The Filter Bubble" ("Il Filtro", 2012) il saggio besteller del 2011 di Eli Pariser. Pariser è un giovane intellettuale, un attivista liberal nonché l’ideatore di UpWorhty, che potremmo definire un ibrido tra un giornale e la selezione di video virali. La ricetta ha funzionato così bene che i numeri hanno superato quelli di BuzzFeed e di New York Times. Anche Pariser, che non è uno sprovveduto, quando era un preadolescente pensava che i tecnologi di internet avrebbero democratizzato il mondo, consentendoci di essere più informati e di agire di conseguenza. Questo prima di accorgersi che i suoi amici conservatori erano spariti dal suo feed di Facebook.

A quel punto ha studiato il fenomeno e si è reso conto che era la naturale conseguenza dell’algoritmo di Zuckerberg per proporci ciò a cui siamo interessati. E succedeva lo stesso con Google: "A quanto risulta dai sondaggi, la maggior parte di noi crede che i motori di ricerca siano neutrali. Ma presumibilmente lo pensiamo perché sono sempre più impostati per assecondare le nostre idee. Lo schermo del nostro computer è uno specchio che riflette i nostri interessi perché gli analisti degli algoritmi osservano tutto quello che clicchiamo", scrive Pariser che ha definito questa: l’era dell’attenzione. Le nostre ricerche su Google, i nostri feed Facebook o Twitter sono sempre più indirizzate a noi: siamo ciò che cerchiamo. Ogni ricerca, click, email aperta o cestinata, notizia preferita consente agli algoritmi, che hanno l’esclusivo compito di proporci ciò che ci interessa per poi venderci prodotti affini, di essere efficaci. "In pratica, i creatori della personalizzazione ci offrono un mondo su misura, ogni aspetto del quale corrisponde perfettamente ai nostri gusti. E' un mondo rassicurante, popolato dalle nostre persone, cose e idee preferite". Per Pariser il modo migliore è seguire Popper, e cercare di dimostrare che il modello si sbaglia e costruire algoritmi che lascino il beneficio del dubbio.

Finché la questione riguarda che tipo di scarpe vogliamo comprare il problema non si pone, ma essendo Facebook e i social, le nostre cerchie sociali, il luogo dove principalmente ci informiamo, il costo sociale e culturale è molto alto, come ha spiegato Pariser. L’era della personalizzazione ha l’effetto collaterale di creare mitomani che vengono inghiottiti dal circolo vizioso dell’io, il quale ci offre una rappresentazione del tutto inadeguata di chi siamo. Finiamo per pensare che quel video sulle auto abbandonate nel deserto o le scie chimiche siano notizie rilevanti per tutti. Finiamo per credere che le piazze dove verosimilmente si sono dati appuntamento quelli che la pensano come noi, saranno il metro con cui interpretare e successivamente verificare il successo di una campagna elettorale. Ci sbagliamo.

Il problema dell’era della personalizzazione è di parlarsi addosso, e finire per non essere più piacevolmente colti dal dubbio che siamo in errore. Ogni nostra idea sembra sempre confermata, e da personalizzazione si trasforma in era della mitomania grillina. Un’era in cui tutti i cigni di Popper sono bianchi.

FQ. di Manuel Peruzzo, 27 maggio 2014 - ore 20:44

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