Il canonista che bacchetta Kasper: bene il Sinodo

sbagliato tutto il resto

Bene ha fatto il Papa a convocare due sinodi sulla famiglia, ha detto il cardinale Velasio de Paolis, canonista di rango e presidente emerito della Prefettura per gli affari economici della Santa Sede, al tribunale ecclesiastico umbro: quello dei divorziati risposati è “un problema pastorale spinoso e complesso, una vera piaga dell’odierno contesto sociale che intacca in misura crescente gli stessi ambienti cattolici”. Il problema è che tale questione, aggiunge de Paolis, “ha assunto una prospettiva quasi esclusivamente compassionevole che sottolinea le sofferenze e il dolore dei coniugi coinvolti in tale situazione, perché respinti dall’accesso all’Eucaristia”. Prospettiva sbagliata, “limitata”, finalizzata a “muovere compassione verso tali fedeli e creare opposizione tra rigore della norma e pietà per le persone, tra rigidità della legge e situazioni personali alle quali la legge dovrebbe piegarsi”. Così, nota il porporato, “si esercita una forte pressione per condannare coloro che sono visti come oppositori alla misericordia e difensori della durezza della legge contro la benevolenza”. Metterla sul piano della pietà e della compassione, insomma, offre della problematica una “presentazione estremamente semplicistica, superficiale e non realistica”. In gioco, ha sottolineato il cardinale de Paolis, c’è “la legge divina, l’indissolubilità del matrimonio”. Una legge “proclamata solennemente da Gesù e confermata più volte dalla chiesa, al punto che la norma che afferma che il matrimonio rato e consumato tra battezzati non può essere sciolto da nessuna autorità umana ma viene sciolto solo dalla morte, è dottrina di fede della chiesa”. Proporre aggiornamenti, quindi, significa mutare la dottrina, dice il canonista. E – come ribadito più volte dal prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller – davanti alla legge divina “non si può porre il contrasto tra misericordia e giustizia né tra rigore della legge e misericordia e perdono. Presentare la misericordia contro la legge, anche divina, “è una contraddizione inaccettabile”, nota ancora de Paolis. Non si può, inoltre,  opporre misericordia e moralità, né si può identificare l’amore con la misericordia”. E’ qui, sul concetto di misericordia che la relazione di de Paolis si sofferma in modo ampio: “Misericordia è una parola facilmente esposta agli equivoci, come del resto la parola ‘amore’ con la quale si identifica”. Anche la misericordia “viene presentata in contrasto con il diritto e la giustizia. Ma si sa bene che non esiste amore senza giustizia e senza verità e operando contro la legge, sia umana che divina. La misericordia è un aspetto molto bello dell’amore, ma non si può identificare con l’amore”. E’ una risposta anche a quanto illustrato dal cardinale Walter Kasper nella sua lunga relazione concistoriale sulla famiglia dello scorso febbraio. A giudizio di de Paolis, le domande poste dal teologo tedesco “non possono avere risposta positiva”. Il fatto è che “al di là delle differenti situazioni in cui i divorziati risposati vengono a trovarsi, in tutte le situazioni si riscontra sempre lo stesso problema: la illiceità di una convivenza more uxorio tra due persone che non sono legate da un vero vincolo matrimoniale”. Il matrimonio civile “non è un vincolo matrimoniale e secondo le leggi della chiesa non ha neppure l’apparenza di matrimonio, tanto che la chiesa parla di ‘attentato matrimonio’. Di fronte a questa situazione – aggiunge ancora il porporato italiano in risposta alle tesi kasperiane – non si vede come il divorziato possa ricevere l’assoluzione sacramentale e accedere all’Eucaristia”. Spesso, infatti, “ci si appella alla pastoralità in opposizione alla dottrina, che sarebbe astratta e poco aderente alla vita concreta, o alla spiritualità, che proporrebbe l’ideale della vita cristiana, inaccessibile ai fedeli cristiani”. E’ questa una “visione errata della pastorale”, dal momento che “una pastorale in contrasto con la verità creduta e vissuta dalla chiesa si trasformerebbe facilmente in arbitrarietà nociva alla stessa vita cristiana”.

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