Bot da orbi a casa Padoan. Al Tesoro gira una nota
- Dettagli
- Categoria: Firme
segreta contro la maxi tassazione sulle rendite
Rischio incostituzionalità? I nuovi rilievi dei tecnici e quell’informativa del dg del ministero dell’Economia
Vincenzo La Via è un volto storico del ministero dell’Economia, ha lavorato a lungo alla Banca mondiale come direttore finanziario, dal 2012 riveste il ruolo cruciale di direttore generale del Tesoro, e la scorsa settimana, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto Irpef, ha consultato i suoi collaboratori, ha acceso il computer e ha inviato una nota interna riservata al ministro Pier Carlo Padoan per smontare uno dei provvedimenti chiave voluti dal governo Renzi: l’aumento della aliquota per la tassazione sulle rendite finanziare dal 20 per cento al 26 per cento. La lettera, a cui il Foglio ha avuto accesso, segnala una nuova significativa distanza tra i provvedimenti di natura economica approvati dal governo e le valutazioni tecniche di alcuni pesanti pezzi della burocrazia di stato. Ed è una lettera che arriva pochi giorni dopo la nota (molto critica) compilata dai tecnici del servizio di bilancio di Palazzo Madama. Il senso dell’informativa di La Via riguarda un lato debole del provvedimento sulle rendite finanziarie ed è un punto che, scrive il direttore generale del Tesoro, rischia di far entrare il decreto nell’orbita dell’incostituzionalità. Secondo il dipartimento del Tesoro, l’eccessiva differenza d’aliquota tra la tassazione sulle rendite (26 per cento) e la tassazione sui titoli di stato (12,5 per cento) potrebbe infatti generare due conseguenze pericolose. Da un lato, porterà ad allocare sempre di più il capitale verso una rendita sicura come i titoli di stato, sottraendo risorse preziose all’economia reale (investire in un’obbligazione, dal primo luglio, giorno in cui entrerà in vigore la normativa, sarà molto meno conveniente). Dall’altro lato, e qui veniamo alla ciccia del rilievo, alla vera natura delle Bot da orbi tra Padoan e il suo direttore generale, il rilievo è di carattere costituzionale.
Il ragionamento è questo: la tassazione sulle rendite andrà a colpire i dividendi delle aziende e si andrà dunque ad aggiungere ad altre tasse già esistenti sul reddito di impresa (Ires, Irap). Il diritto comunitario, il diritto tributario e la carta costituzionale vietano una doppia imposizione (anche sul reddito di impresa). E se finora, grazie all’aliquota bassa sulle rendite finanziarie, come spiega una fonte del governo al Foglio, era stato chiuso un occhio, con l’aliquota alle stelle quell’occhio benevolo potrebbe non essere più chiuso come un tempo. Tra le righe della nota del dipartimento del Tesoro si legge dunque l’intenzione di spingere il ministro Padoan a rivedere (al ribasso) il provvedimento sulle rendite ed evitare che da un momento all’altro uno dei provvedimenti chiave del governo Leopolda possa incontrare sulla sua strada un qualsiasi avvocato che faccia fare al decreto sull’Irpef, o almeno a una parte di questo, la fine del Porcellum. C’è tempo fino al primo luglio per rimediare. Ma al Mef, dicono dal governo, oggi tira un’aria un po’ così.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Claudio Cerasa – @claudiocerasa, 8 maggio 2014 - ore 06:59