Paradosso energetico. Gli obiettivi autarchici

del G7 e i soliti veti dei localismi italiani

L’emancipazione dell’Europa dall’energia russa, tra i marosi della crisi ucraina, è stata il fulcro della riunione dei ministri dell’Energia del G7 tenutasi a Roma nei giorni scorsi. Ma “emancipazione” non significa “indipendenza” dalle risorse energetiche altrui, soprattutto se s’intende legarsi allo shale gas di produzione americana. L’indipendenza può derivare solo dall’uso di risorse proprie. Una questione che interessa l’Italia dalle velleità autarchiche. Il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, vede con favore lo sfruttamento delle “straordinarie risorse indigene e interne” attraverso le perforazioni dei giacimenti nazionali. Non è un fatto nuovo, prima di lei l’ex premier Mario Monti puntava a raddoppiare la produzione via trivellazioni (ridotte dell’ottanta per cento rispetto a trent’anni fa). Le risorse di idrocarburi tra accertate e possibili sono ingenti ma sono sottoutilizzate – il tasso di sfruttamento tra i più bassi d’Europa – e gli investimenti vengono frenati; eppure per la lobby Assomineraria  possono superare i 17 miliardi nei prossimi quattro o cinque anni con l’attivazione di 80 nuovi progetti. Ben venga, dunque, l’intento di Guidi. Ma la burocrazia resta asfissiante: ci vogliono dodici anni e più per ricevere l’autorizzazione a fare partire un progetto estrattivo. E l’ambientalismo parlamentare, quello dei comuni e delle regioni, che alzano barricate contro molti progetti, su impulso dei comitati ambientalisti, sono sempre lì. Spuntano pure i “No shale”, ignari del fatto che in Italia il gas nelle rocce profonde è scarsissimo e ancora difficile da estrarre. Paradossale. Come il fatto che al largo della turistica Croazia le esplorazioni petrolifere sono tornate in auge ma, da questa parte dell’Adriatico, vengono osteggiate. E poi la  Basilicata, con la più vasta riserva onshore dell’Europa occidentale, dove le operazioni procedono a rilento. L’Emilia Romagna, dove il governatore Vasco Errani ha frettolosamente ceduto alle istanze dei “No triv”. La Puglia dei “No Tap”, quelli che s’oppongono al gasdotto – fortemente voluto dal governo – che porta qui il gas dell’Azerbaigian. O l’Abruzzo, dove il progetto di sfruttare il giacimento di Ombrina ha ricevuto il benservito (“non ha chance”) del presidente della commissione Ambiente alla Camera, Ermete Realacci (Pd). Insomma, le solite opposizioni restano, anche per il governo dei sindaci.

Il Foglio, 8 maggio 2014 - ore 06:59

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