IL BRACCINO CORTO DI MINEO! IL SENATORE

CIVATIANO NON VUOLE SAPERNE DI VERSARE LA QUOTA

DA PARLAMENTARE AL PARTITO: “NON PAGO IL PIZZO, ALLA RAI GUADAGNAVO DI PIÙ!”

Dopo un anno dall’elezione, l’ex direttore di Rainews in rotta con la maggioranza Pd si accorge che non è giusto pagare al partito una quota del suo stipendio da 13mila euro: “Ho dovuto pure pagare una multa da 900 euro al Comune di Valderice per l’affissione irregolare di manifesti!”. Ma gli accordi sulle quote vengono stipulati prima della candidatura...

Emanuele Lauria per "La Repubblica",08 MAG 2014 09:54

Il suo no è fermo. Categorico. Quei 25 mila euro, che il Pd ha chiesto a tutti gli eletti in Parlamento, proprio non vuole sapere di pagarli. E il senatore Corradino Mineo motiva così la scelta: «Per accettare la candidatura ho lasciato la Rai e una retribuzione più alta dell'attuale ». È uno dei passaggi della lettera che il giornalista, ex direttore di Rainews 24, ha inviato all'amministrazione del partito in Sicilia. La risposta alla richiesta di versare un «contributo di solidarietà» cui è tenuto, per regolamento, chi è inserito nelle liste in posizione utile per l'elezione.

Quando è troppo è troppo, per Mineo. Che ricorda di aver versato nel 2013 già 14 mila euro al Pd e di averne spesi 24 mila «per l'attività in Sicilia». Nella sua missiva, il senatore - capolista alle Politiche 2013 - ricorda pure di «aver dovuto pagare una multa da 900 euro al Comune di Valderice per l'affissione irregolare di manifesti» e di dover sopportare un canone da 800 euro al mese «per l'affitto di un appartamento a Palermo».

Troppo, anche per un parlamentare che guadagna 13 mila euro netti, più 1.650 euro come rimborso spese. Anche perché Mineo, in Rai, aveva appunto una retribuzione più alta. L'ascesa a Palazzo Madama non è stata conveniente, insomma. Almeno sul piano economico. «Ho rinunciato a 60 mila euro - dice il senatore - . E non ho fatto un favore a nessuno: mi hanno pregato per farmi candidare. Poi ho scoperto che dovevo pagare una specie di pizzo per essere messo in posizione utile. Ma scherziamo?

Io pago, e volentieri, per progetti visibili, non per finanziare le autoblù del segretario o le assunzioni di comodo nel partito. Se avessi saputo prima di questo mercimonio, avrei rifiutato il posto in lista. Purtroppo avevano già organizzato la conferenza stampa... ». Il caso è esploso nel bel mezzo della pesante crisi finanziaria del Pd siciliano che, creditore di 500 mila euro nei confronti dei parlamentari che non versano le quote, è stato costretto ad avviare le procedure di licenziamento per 13 impiegati.

L'ex presidente siciliano del collegio dei garanti, Giacomo Torrisi, rammenta a Mineo che «il contributo di solidarietà serve anche a pagare il personale che rischia il posto e non si trova nell'angosciante dilemma - ironizza Torrisi - di poter scegliere fra un lavoro e una candidatura in Parlamento». La questione, ora, è sul tavolo dei garanti nazionali.

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