“Giù le mani dalle nostre famiglie”.

Ecco la Manif pour Tous Italia

Jacopo Coghe, ventinove anni, titolare di una piccola tipografia e terzo figlio in arrivo, è il presidente della Manif pour Tous Italia, nata nemmeno un anno fa in esplicito riferimento al movimento che in Francia si è opposto alla legge sul matrimonio omosessuale. Nello scorso giugno, racconta Coghe, “ci siamo ritrovati in una ventina, tutti giovani genitori, alcuni credenti e altri agnostici, a constatare che, se la proposta di legge sull’omofobia e transfobia in discussione in Parlamento fosse stata approvata, saremmo stati espropriati della libertà di educare i nostri figli”. La Manif pour Tous Italia è nata allora, “perché non sentivamo intorno a noi il giusto allarme, nemmeno da parte di un mondo delle associazioni cattoliche che pure su quei temi è attivo, e perché non arrivava una vera informazione su quello che si stava preparando”.

Quel primo gruppo organizzò una manifestazione a luglio, mentre il disegno di legge Scalfarotto era in discussione al Senato, per chiederne il ritiro. Ma Coghe fa notare che “sul sito della Rete Lenford, l’avvocatura per i diritti Lgbt in Italia, sono già pronti i testi di altre due leggi, sulle unioni tra persone dello stesso sesso e sull’attribuzione anagrafica del sesso svincolata dalle caratteristiche fisiche. Mentre ci eravamo un po’ distratti, insomma, la marea che vuole la distruzione della famiglia stava per arrivare anche qui. Ed è stato naturale rivolgersi alla mobilitazione francese, perché in Francia quel processo di distruzione è molto avanzato. A Parigi abbiamo incontrato la portavoce della Manif pour Tous, Ludovine de la Rochère, che ci ha dato il nulla osta per usare sigla e simbolo. Manteniamo stretti contatti, e un loro portavoce ha parlato alla nostra manifestazione del 12 gennaio a Roma, mentre io sono stato invitato a parlare il 2 febbraio a Parigi, durante l’ultima grande iniziativa della Mpt”.

Di quell’esperienza, sottolinea Coghe, “ci piace l’idea che sia aperta a tutti: cattolici, ebrei, islamici, agnostici, etero e omosessuali anti gender. Che ci sono, sono tanti e sono anche loro convinti che un bambino abbia bisogno di un padre e di una madre. Ma non riescono a farsi sentire, oscurati dall’attivismo Lgbt che si arroga il diritto di parlare a nome di tutti”. Nel manifesto della MptI c’è scritto che “nell’assoluto rifiuto di qualsiasi atteggiamento di umiliazione, derisione e violenza nei confronti di tutti gli esseri umani, comprese le persone con tendenze omosessuali, esigiamo che sia difeso il diritto fondamentale dei figli ad avere un papà e una mamma, e di tutti i cittadini di esprimersi a tutela della famiglia, per il bene di tutta la società”. Coghe ribadisce che “su questo possiamo riconoscerci tutti, che si appartenga o meno a una confessione religiosa. E’ il terreno della ragione: non si tratta di affermare verità di fede ma di fare una battaglia di libertà”. Il presidente della Manif pour Tous Italia racconta le tante “richieste di aiuto da parte di genitori e di insegnanti, incalzati da iniziative che preparano il terreno all’allineamento legislativo ed educativo al conformismo gender”.

Come i libretti dell’Unar, nei quali si suggerisce di chiedere agli alunni: “I rapporti eterosessuali sono naturali?”. Due giorni fa, la Manif pour Tous Italia e il Forum delle famiglie dell’Umbria hanno presentato un “dodecalogo di autodifesa” per i genitori. “Non tocca allo stato ma a noi l’educazione dei nostri figli”, dice Coghe. Il quale invita a sostenere la MptI, completamente autofinanziata, e a firmare la petizione (sul sito lamanifpourtous.it) per chiedere al presidente della Repubblica e a chiunque abbia responsabilità istituzionali di “impegnarsi a difendere la famiglia” definita dalla Costituzione. La Manif pour Tous Italia ha in programma un’iniziativa per il 22 luglio, quando la legge sull’omofobia arriverà – salvo imprevisti – in aula alla Camera. Prima, ci saranno convegni “e attività di controinformazione. Abbiamo visto che tanti non sanno che cosa sta succedendo. Quando sanno, si mobilitano”.

FQ. di Nicoletta Tiliacos, 28 febbraio 2014 - ore 06:59

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