Contro lo scetticismo. Entusiasmo
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per il governo della via Pal, basta lagna
C’è curiosità, come no. Il giovane Renzi s’è preso il governo a trent’anni sostituendo un vecchissimo burattino quarantenne delle antiche generazioni di furbi e furbetti, e gli italiani, che sono brava gente, sono curiosi di capire come andrà a finire. Ma a parte Berlusconi, che è un ragazzo anche lui e fa il tifo apertamente per un esecutivo di cui è all’opposizione, il resto dell’establishment demente, della politica morta, dell’antipolitica funerea, gufa e parecchio. Bisogna respingere lo scetticismo, ultimo rifugio del canagliume, a parte i rispettabili non-ci-sto culturalmente e civilmente motivati. Lo scetticismo come sentimento, come ordinaria e banale incapacità di ammirare, di stimolare, di aiutare, lo stesso che nel 1994 indusse l’avvocato Agnelli alla immortale frase basso-cinica: se vince lui, vinciamo tutti, se perde lui, perde solo lui. Basta con gli atteggiamenti blesi e snob.
Renzi ha mille difetti, è un cazzaro di provincia che si è rifatto l’immagine conquistando Firenze, ma è il campione di una rivoluzione politica, il testimone di una volontà e voluttà di cambiare che merita una apertura di simpatia e di fiducia, così come merita le critiche più severe quando sbaglia. Ma su uno sfondo di vera adesione al fatto: il fatto è che uno non compromesso con l’Italia cupa di questi decenni, uno che non sa niente in termini personali del caso Moro, del terrorismo, delle lotte degli anni Ottanta fra comunisti e socialisti, del passo lento della vecchia Democrazia cristiana, del moralismo mortuario degli azionisti torinesi, dello spirito forcaiolo e manettaro dei quattrinari, del fiato pesante delle istituzioni, del vecchiume degli apparati di capitale, uno così, adesso ha diritto di provarci. Punto.
I famosi mercati, che hanno una moralità superiore a quella dei giornali e delle tv, per non dire della casta immobile degli intellettuali di sinistra, applaudono. Anche il Fondo monetario applaude. C’è in giro la sensazione che siano di nuovo in ballo, come vent’anni fa, le mezze misure, lo spirito acquiescente e pigro di un paese immutabile, c’è la sensazione di nuovo che un populismo democratico seduttivo, magari piacione, può scardinare la presa oscena delle élite più ristrette e stupide del mondo su un grande paese che non merita stagnazione, disoccupazione, bassa produttività, assistenzialismo, statalismo, dirigismo, solidarismo d’accatto, bassa mobilità sociale e generazionale. Renzi può durare lo spazio di un mattino o impostare una nuova generazione politica. Molto è nelle sue mani. Ma qualcosa è anche nelle mani e negli occhi di chi guarda e partecipa al gioco della vita pubblica. Diamogliele quando le merita, le sculacciate, ma apriamo la testa, non dico i cuori, a un tentativo generoso e folle di scostare il paese dalla sua culla plumbea che sa di tomba.
FQ. Giuliano Ferrara, 28 febbraio 2014 -