LA GUERRA DI NERVI TRA IL ROTTAM’ATTORE E I
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MANDARINI DI STATO E’ APPENA COMINCIATA:
SIGNORI E SIGNOROTTI DEI MINISTERI SI FREGANO LE MANI PER L’ARRIVO DI ‘’ABSOLUTE BEGINNER’’ COME MADIA, BOSCHI E MOGHERINI
Ma Matteuccio ha fiutato l’aria e ha iniziato a terrorizzarli con le minacce di spoil system selvaggio e turnover totale – La Roma potentona dei califfi del cavillo amministrativo e del decreto attuativo che si perde, si mette l’elmetto e scende in trincea – Chi vincera’? il bulletto fiorentino o la palude della banda panciotti?....
Pertick One per Dagospia, 25 FEB 2014 16:49
La guerra psicologica vera e propria è iniziata a cavallo del weekend, e chissà ancora per quanto si trascinerà. Da una parte c'è Matteo Renzi, premier rottamatore allergico ai riti della vecchia politica e smanioso di dare la propria impronta a tutto ciò che tocca. Dall'altra ci sono le strutture dei ministeri, ovvero i centri di potere più intangibili (e intatti) presenti nel panorama politico italiano. Lo scontro tra rottamatori e rottamandi, insomma, dal partito si è trasferito nel governo.
I primi segnali a mettere sul chi vive il premier sono arrivati subito dopo il giuramento. Le antenne dei renziani hanno captato un entusiasmo sospetto nei gangli del potere dei ministeri maggiori (segnatamente Esteri, Difesa e Giustizia). Al Rottam'attore è stato riferito di mandarini assai soddisfatti all'idea di avere a che fare con ministri giovani, inesperti e sprovvisti del polso necessario a reggere una macchina complessa come quella che sono chiamati a governare.
L'idea di avere a che fare con politici di primo pelo tipo Orlando, Mogherini e Madia, per gente abituata da decenni a maneggiare in discreta autonomia il potere quello vero, è parecchio allettante (specie se si tiene conto che dette strutture, complici i ministri non proprio incisivi scelti Monti e Letta, vengono da quattro anni di sostanziale autogestione in cui si sono trovate benissimo e che non vedono ragione per far cessare proprio adesso).
Questi segnali hanno fatto scattare l'allarme rosso in casa Renzi. Il premier è pienamente consapevole dell'importanza della partita che si gioca tra Palazzo Chigi e ministeri: se c'è qualcosa in grado di frenare la spinta propulsiva del governo della rottamazione (spinta propulsiva dalla cui efficacia dipendono le chance di riuscita di Renzi) non è la palude parlamentare, ma quella ministeriale.
Segreterie, gabinetti, dipartimenti: porti delle nebbie dove si riesce a far arenare qualsiasi cosa e dove si riesce a diventare un vero e proprio governo ombra. E questi porti delle nebbie non vedono l'ora di inghiottire i giovani ministrini del nuovo governo.
Intuita la manovra, Renzi ha deciso di passare al contrattacco immediato. Così, a cavallo del fine settimana da Palazzo Chigi è stato fatto filtrare il terrore: promesse di spoils system selvaggi, voci di sostituzione di figure apicali che mai nessuno si era lontanamente sognato di toccare, annunci di turnover totale.
Come se non bastasse, il premier non ha voluto lasciare la cosa dietro le quinte ma ha deciso di portarla in pubblico: il ruvido passaggio del discorso della fiducia circa l'inaccettabilità di una situazione in cui "i governi passano e i dirigenti restano a fare il bello e il cattivo tempo" è suonata alle orecchie dei mandarini sparsi nei palazzi del potere come un preavviso di sfratto. Per impedire il quale, gli oligarchi ministeriali sono pronti a vendere cara la pelle.