Da 7 anni siamo incostituzionali

La Costituzione italiana sarà anche la più bella del mondo,

 ma da sette anni il sistema politico la contraddice, secondo la Consulta, e insomma tutto l’ultimo ciclo politico è virtualmente nullo. Prima di vedere le conseguenze politiche (a chi giova, a che cosa giova, che cosa fare), esaminiamo il fatto in sé, che è la vera notizia.

Un avvocato di talento che porta il nome fatale di Aldo Bozzi, un galantuomo e protoriformatore costituzionale di quelli che abbiamo sempre allegramente mandato a quel paese dopo lunghi e inutili conversari, ha detto alla nostra Suprema Corte con istanza all’americana, Bozzi vs Porcellum: la legge elettorale nega i miei diritti di cittadino, perché il premio di maggioranza senza soglia e liste bloccate senza preferenze sono due escogitazioni truffaldine che contraddicono il suffragio universale diretto nel suo proposito di determinare a condizioni accettabili il governo del paese. La Corte ha detto che sì, che è vero, e ha cassato sia il premio senza soglia che oggi consente a un partito con il 29 per cento di avere una maggioranza alla Camera più che doppia come numero di deputati sia le liste bloccate: se si votasse oggi c’è la proporzionale con le preferenze, come nella Prima Repubblica. Quando si dice il progresso. Il problema si pone da anni, e i partiti in Parlamento non sono stati in grado di risolverlo. La Costituzione più bella non fissa un quorum dei due terzi per le modifiche della legge elettorale, così nel 2006 la maggioranza berlusconiana fece la legge che le conveniva, almeno in apparenza (perse infatti le elezioni), e il presidente Ciampi la peggiorò imponendo un difforme calcolo maggioritario per il Senato rispetto alla Camera, il firmatario della legge Calderoli la definì subito una “porcata” e nelle elezioni successive il Pd, che faceva finta di avversarla, se ne servì per vincere senza successo. La morte della Seconda Repubblica maggioritaria, alla quale in linea di principio la Corte ora ci condanna, nasce dalla sua anomala formazione, con Berlusconi e il resto dell’antiberlusconismo, dalla mancanza di una seria cultura politica istituzionale sostituita da scontri barbarici e all’arma bianca, dall’orgia di strumentalismi che ha portato ora gli uni ora gli altri a valersi del “Porcellum” in una logica di corto respiro che ha prodotto con il secondo governo Prodi una maggioranza risibile (2006), con il governo Berlusconi un plebiscito dai piedi coalizionali d’argilla (2008), e alla fine, con la grottesca cavalcata di Bersani verso il nulla, uno stallo senza maggioranza (febbraio 2013). Quando si dice progresso e stabilità.

E adesso? Se non si trovi un accordo serio per una nuova legge uninominale a due turni o a un turno unico come il vecchio Mattarellum, o per un premio di maggioranza con soglia e preferenze, salvaguardando il principio che si vota per fare un governo e non per farsi una fotografia nello stile selfie 2.0 dei telefonini, vuol dire che si torna indietro di vent’anni, e tutti sono contenti, soddisfatti, rimborsati e sconfitti. Uno spettacolo piuttosto indecente, dalle conseguenze penose per istituzioni, economia, società civile.

Ma chi è in grado, nel paese prostrato e immobile che ha disperatamente bisogno di riforme, di guida sicura e legittimata, di rovesciare l’effetto delegittimante della sentenza? Renzi profeta del winner takes all? La coalizione piccolo dc Letta-Alfano? Una riedizione istituzionale delle larghe intese, per la cura del capo dello Stato, dopo la cacciata di Berlusconi e il passaggio all’opposizione di Forza Italia? Il solo porre queste domande fa venire i brividi nella schiena. Siamo una nave senza nocchiero in gran tempesta, e l’unico possibile accordo legittimante è quello di varare una legge maggioritaria sicura, probabilmente a due turni, con un riequilibrio di natura presidenzialista che darebbe a Napolitano anche l’occasione di segnare il passaggio di fase necessario e di considerare la sua opera compiuta.

Quando le cose si fanno complicate, la parola va restituita agli elettori a condizione che il loro voto sia considerato decisivo, e rispettato. Il rito proporzionale puro con preferenze sarebbe una chiara regressione, ma è appunto questa la legge elettorale ora vigente.

 © - FOGLIO QUOTIDIANO, Giuliano Ferrara, 4 dicembre 2013 - ore 21:00

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