La scacchiera di Re George. Perché
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al Quirinale maneggiano di nuovo la parola “dimissioni”
L’avvertimento indiretto a Berlusconi, il rischio Rodotà e l’effetto Renzi sulla partita della legge elettorale
I vecchi amici di Napolitano lo dicono con lo sguardo grave di chi vuole farti capire che le voci non sono soltanto voci ma sono qualcosa di più. “Senza riforme non c’è più il governo. E senza questo governo non c’è più Napolitano”. Al contrario delle ultime occasioni, quando il tema “dimissioni di Napolitano” è stato messo in circolo solo per scongiurare il rischio che Letta potesse ritrovarsi senza i numeri per far vivere il governo, questa volta, per Re George, la partita non riguarda la vita delle larghe intese ma riguarda il Dna dell’esecutivo. Dna che coincide con l’espressione “riforme costituzionali”. Il messaggio che Napolitano vuole far arrivare a Berlusconi è che ostacolare l’iter delle riforme significherebbe costringere il capo dello stato a prendere atto che la sua missione è fallita e che non ci potrebbe essere altra scelta se non quella di far scegliere a questo Parlamento un nuovo presidente. Sintesi del messaggio: caro Berlusconi, o su questo punto fai come dico io oppure ti ritrovi un presidente alla Rodotà. Il primo passaggio da osservare per capire il destino delle riforme sarà la prossima settimana, quando alla Camera arriverà la legge per istituire il Comitato parlamentare per le riforme e quando Forza Italia potrebbe far mancare i numeri utili per raggiungere i due terzi per approvare la legge costituzionale. Se la legge non passerà si andrà avanti seguendo le procedure previste dall’articolo 138 ma Napolitano considera prioritario che Forza Italia, per dare legittimità al percorso, scelga di non fare ostruzionismo. Nella nuova stagione delle piccole intese, poi, l’altro punto di criticità riguarda la dialettica tra il presidente e il segretario in pectore del Pd (Renzi). I renziani hanno letto come un punto a favore la richiesta di Napolitano di costringere Letta a formalizzare subito in Parlamento il cambio di corso della maggioranza. Ma oggi la vera partita a scacchi riguarda la legge elettorale. Napolitano, in privato, ha sempre espresso la sua preferenza per un sistema più proporzionale che maggioritario. Anche Letta era su questa linea ma l’arrivo del ciclone Renzi sta cambiando tutto. La prossima settimana il sindaco presenterà la sua proposta (maggioritaria), Letta ha capito che rinviare la stesura della legge potrebbe essere un autogol e negli ultimi giorni lettiani e renziani hanno trovato un accordo di massima su una legge di questo tipo: mattarellum corretto con premio di maggioranza. Con una nuova legge, naturalmente, la tentazione di far cadere il castello delle piccole intese potrebbe aumentare. Letta crede però che la protezione del Quirinale sarà più forte della voglia di andare a votare, dice che i numeri dei gruppi parlamentari del Pd giocheranno a favore della stabilità (Renzi ha circa 130 deputati su 400 totali) e soprattutto è consapevole che, per tutti, voler rottamare il governo significherebbe accettare un fatto non secondario: mettere la parola fine al mandato di Re George. Davvero qualcuno se lo può permettere? Chissà.
di Claudio Cerasa – @claudiocerasa, 30 novembre 2013 - ore 06:59