L’accordo nucleare di Ginevra?
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E’ peggio di Monaco ’38
Ecco perchè l’Iran festeggia. E Israele, sempre più isolata, è messa sullo stesso piano di chi vuole estinguerla
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva visto giusto. L’occidente si è fatto ingannare dall’Iran e la minaccia militare americana non è mai stata credibile. Accordo peggiore non poteva essere firmato a Ginevra, dove a una rivoluzione messianica e antisemita è stato riconosciuto il diritto ad arricchire l’uranio sul proprio territorio. Ginevra ha fornito una grande legittimità all’Iran, banchiere del terrore e proliferatore atomico, che così ha spezzato l’assedio attorno al regime. “Ginevra 2013 è peggio di Monaco 1938”, ha scritto sul Wall Street Journal il premio Pulitzer Bret Stephens, in riferimento a quando le democrazie s’illusero d’aver domato senza combattere gli appetiti hitleriani. “Il vento di Monaco soffia a Ginevra”, scandiscono i ministri israeliani della sicurezza.
Ginevra ha garantito alla dittatura iraniana una sorta di “ambiguità nucleare”. L’architetto del tanto minacciato strike israeliano, Ehud Barak, lo aveva capito per tempo, imponendo alla comunità internazionale il termine “immunità”. E’ questo il risultato letale dell’accordo. Gli iraniani non violeranno l’accordo. Non subito, almeno. Gli ayatollah non dovevano ottenere la bomba, ma un allentamento delle sanzioni. Prendere fiato. Entrare nel club delle potenze. Il risultato, un giorno, sarà una seconda Corea del Nord nuclearizzata, non una seconda Libia che dieci anni fa accettò di smantellare il programma nucleare. Le sanzioni all’Iran non torneranno se ora vengono allentate, perché sono state il frutto di un decennio di lobbying presso le cancellerie occidentali, affamate di appalti con Teheran. E se cadono le sanzioni, l’Iran non abbandonerà i suoi piani diabolici. Le buone maniere per la Rivoluzione si sono sempre dimostrate un invito all’offensiva. Ginevra eccita il riarmo. L’accordo si basa su una menzogna. Il programma nucleare iraniano non è mai stato progettato per fini civili. Ai turbanti non interessa curare il cancro di una popolazione che massacrano da trent’anni. Perché il regime vuole arricchire l’uranio, produrre plutonio e impedire le ispezioni? Perché vuole la bomba. Vuole dominare il medio oriente. Vuole liquidare Israele. Ginevra li spinge sulla strada giusta. Israele ha molte ragioni per denunciare Ginevra: lo smantellamento del bunker di Fordo non è stato soddisfatto; l’accordo non contempla il programma militare, la ricerca sul device atomico e la balistica; grazie a Ginevra, l’Iran conserva quattro mesi di tempo per completare lo sviluppo di un congegno atomico nel caso in cui lo volesse; l’accordo non smantella i progressi tecnologici che ha compiuto l’Iran negli ultimi cinque anni, e le centrifughe, che erano qualche migliaio quando si insediava Barack Obama, sono salite a 18 mila e non saranno smantellate. Vero, l’Iran ha accettato di non arricchire l’uranio oltre il cinque per cento, ma Teheran manterrà la capacità di produrre combustibile di livello superiore se solo lo desidera. L’Iran ha già otto tonnellate di uranio arricchito, abbastanza per cinque bombe come Hiroshima. E potrà farlo clandestinamente: nell’accordo non è previsto il monitoraggio dei siti clandestini dove Cia e Israele sospettano che l’Iran stia conducendo i test. Non è previsto lo smantellamento del reattore di Arak, impianto che ha l’unico scopo di produrre un’arma atomica.
Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno creato un sistema globale di sicurezza. Obama lo sta archiviando. A Ginevra gli Stati Uniti hanno preferito una soluzione a breve termine che a lungo termine diventerà un pericolo alla pace mondiale. Intanto, sul volto di Netanyahu c’è tutto il senso di abbandono da parte del suo alleato. Israele, isolata e sorvegliata a vista nel feroce Levante, fa la voce grossa, ma dopo Ginevra è moralmente sullo stesso piano di chi vuole estinguerla. Un giornalista a Ginevra ha chiesto allo spokesman di Lady Ashton di commentare l’ayatollah Khamenei, secondo cui gli israeliani sono “cani rabbiosi e illegittimi” da sterminare. Stizzito, il giovane ha detto di non averne intenzione. Silenzio da parte del Dipartimento di stato. Tira una brutta aria in occidente.
FQ. di Giulio Meotti, 30 novembre 2013 - ore 06:59