Un contrattone nucleare spiega perché Parigi

sta sull’attenti con i sauditi

Al tavolo con l’Iran la Francia parla pure per israeliani e sauditi. Areva è a caccia di un appalto da 80 miliardi di dollari

Delusione al colosso dell’energia francese Areva, che a fine ottobre è stato sconfitto dai russi di Rosatom nella gara d’appalto per costruire la prima centrale nucleare della Giordania, pur essendo sostenuto con forza dal governo di Parigi. Non è la prima volta che Areva, controllata al 90 per cento dallo stato, fallisce l’ingresso in medio oriente. Nel 2009 fu battuta dai sudcoreani per un contratto da quattro reattori nucleari per uso civile e quaranta miliardi di dollari negli Emirati arabi uniti. Questa sconfitta in Giordania però squilla come un segnale d’allarme per l’azienda francese, perché è accaduta sotto gli occhi dei sauditi, che mettevano una parte dei soldi nel contratto giordano ora finito ai russi. Questa gara è il preludio a un appalto decisamente più grande e remunerativo. L’Arabia Saudita pensa al nucleare perché ha un consumo elettrico che cresce dell’8 per cento ogni anno e ha un piano per passare all’energia atomica e risparmiare sul petrolio – destinato invece al mercato internazionale. Il piano prevede, per ora soltanto sulla carta, la costruzione di 16 reattori nucleari in vent’anni e una gara d’appalto che vale 80 miliardi di dollari.

Areva non toglie gli occhi di dosso al super contratto saudita prossimo venturo, assieme a Edf – Electricité de France, la più grande azienda produttrice e distributrice di energia della Francia. Nei primi mesi del 2011 le due aziende francesi hanno aperto un ufficio a Riad, capitale saudita, per offrire esperienza tecnologica e formazione del personale e per prendere contatti con le imprese locali che concorreranno per i subappalti.

Elogi ai guastafeste atomici dell’Eliseo

Il terzo incontro per i negoziati atomici (da settembre) che finisce oggi a Ginevra – ma forse si protrarrà nel fine settimana – tra l’Iran e il gruppo dei Cinque più uno è diverso dal primo perché c’è meno ottimismo e perché al tavolo si presenta una coalizione neonata: quella formata da Francia, Arabia Saudita e Israele. I tre paesi – ma soltanto la Francia fa parte del negoziato e può prendere posizione – temono che gli americani siano troppo teneri con Teheran e che il patto finirà per essere troppo vantaggioso per gli iraniani e non fermerà davvero il loro programma atomico militare. Questa alleanza è spuntata a sorpresa agli ultimi negoziati, facendoli fallire – secondo la versione di molti analisti, altri sostengono che fosse l’Iran a pretendere troppo.

Il nuovo asse Parigi, Riad e Gerusalemme ha riempito i titoli per due settimane. Dalla visita trionfale del presidente francese, François Hollande, in Israele, dove è stato portato con una deviazione fuori dal programma originale a parlare alla Knesset, il Parlamento israeliano, che gli ha riservato una standing ovation; alle esercitazioni congiunte tra forze speciali saudite e francesi, cominciate sette giorni fa in Arabia Saudita e ora destinate a spostarsi sulle Alpi per una seconda parte. Per spiegare l’intesa è stato citato un accordo di agosto, raccontato dal giornale La Tribune: un miliardo di euro dai sauditi per sei navi da guerra da costruire nei cantieri francesi.

Non c’è una correlazione diretta provabile tra i contratti e la posizione da guastafeste del governo francese. Parigi sta riscuotendo elogi per questo suo soprassalto con l’Iran, perché sta dimostrando di saper entrare nei negoziati con durezza e scaltrezza (vedi per esempio tra gli elogi “Vive la Freeze” di Jeffrey Lewis su Foreign Policy, gioco di parole tra “Vive la France” e il freeze, il congelamento, del programma atomico iraniano). E’ certamente da notare, tuttavia, che il contratto bellico citato dai maligni come possibile ragione dell’allineamento vale un ottantesimo del contratto per l’energia nucleare civile per cui Areva ed Edf intendono gareggiare. L’Arabia Saudita ha già dichiarato che si doterebbe di armi nucleari se l’Iran diventasse una potenza nucleare. I negoziati a Ginevra potrebbero continuare con l’arrivo dei ministri degli Esteri, compreso il segretario di stato John Kerry.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Daniele Raineri   –   @DanieleRaineri

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