Il calcolo freddo dei generali del Cairo

scatenare l’istinto jihadista dei Fratelli

Il “venerdì della collera” proclamato dai Fratelli si frantuma in scontri strada per strada. E’ un’escalation cercata?

Così prevedibile eppure così duro e sanguinoso e traumatizzante. Ieri il venerdì della rabbia proclamato dalla Fratellanza musulmana dopo il massacro dei sit-in di mercoledì è cominciato come una manifestazione – venti cortei in lenta convergenza verso piazza Ramses – e poi si è frammentato in una serie di scontri furiosi tra le strade, i ponti e le piazze del Cairo contro le forze di sicurezza del governo dei generali. Almeno altri 55 morti tra i simpatizzanti della Fratellanza musulmana, vanno ad aggiungersi ai 600 dei giorni scorsi, e altri 24 poliziotti uccisi (il numero totale sale così a 67, secondo una fonte della sicurezza che ha parlato con Reuters). S’è visto qualche manifestante armato, immortalato nelle immagini video trasmesse sui canali di stato che recavano in sovrimpressione la scritta cubitale in inglese: “Egypt fighting terrorism”, ma si trattava di una percentuale infinitesimale, mescolata alla gran massa disarmata. Come due giorni fa, la reazione è stata brutale: gli agenti sono  forti della nuova regola che consente di sparare su chi muove contro proprietà dello stato, hanno dalla loro anche l’imposizione del coprifuoco – che cade alle otto e rende automaticamente illegali gli assembramenti. C’è stato un fuoco fitto contro alcuni cortei. A impugnare le armi polizia e cecchini sui tetti, ma anche le milizie improvvisate formate dagli abitanti dei quartieri del Cairo, che vedono i Fratelli musulmani come una minaccia alla sicurezza. Non è più soltanto polizia contro islamisti, anzi: ora è anche ronde di civili contro islamisti, le nuove milizie di quartiere bloccano le macchine, controllano le identità, in molti casi hanno anche trattenuto giornalisti stranieri. Sono l’incarnazione di quel largo risentimento contro i Fratelli che ha portato alla caduta del presidente Mohamed Morsi. Proteste e scontri su scala più piccola sono scoppiati anche in altre città egiziane.

Il re saudita ha fatto leggere in tv un suo discorso – appare sempre più di rado – in cui si schiera al fianco del ministro della Difesa, il generale Abdul Fattah al Sisi, e contro i Fratelli musulmani (il regno detesta i Fratelli, li considera pericolosi destabilizzatori) e la Giordania ha seguito a ruota. E’ chiaro che i generali del Cairo hanno fatto i loro freddi calcoli e uno è che la brutalità paga – scrive il giornalista Jeffrey Goldberg con una sintesi impeccabile su Bloomberg Businessweek. Il loro obiettivo è distruggere la Fratellanza musulmana, loro nemico storico, uccidendo quanti più Fratelli è possibile e imprigionando o braccando gli altri. Devono aver pensato che perdere gli aiuti americani vale il rischio e non c’è motivo di credere che si fermeranno. Guardano alla Siria, scrive ancora Goldberg: i generali egiziani non possono non avere notato che il mondo non ha battuto ciglio mentre Bashar el Assad presiedeva alla morte di 100 mila cittadini siriani. “In medio oriente puoi cavartela dopo un delitto”.

Anche Issandr al Amrani, lo specialista dietro il sito “The Arabist”, scrive di un calcolo freddo dei generali: “La domanda è: l’escalation è stata pianificata per creare una situazione di violenza ancora maggiore? E’ questo l’obiettivo desiderato?”. Se al Sisi ha scelto la repressione dura è perché si aspetta, anzi desidera, scrive al Amrani, che i Fratelli scelgano la violenza e quindi legittimino il loro sradicamento dalla scena politica con la bruta forza dell’esercito. “Il loro disegno è estremamente cinico. Da ora sarà sempre peggio”.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Daniele Raineri   –   @DanieleRaineri 17/8

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