La sintesi fallita dal Partito democratico

è oggi nelle mani di Barca e Renzi. Le crepe cominciano a vedersi

e all’orizzonte appaiono le sagome dei nuovi costruttori di politica. Ci riferiamo alla casa politica del Pd, un partito che sin dalla sua nascita abbiamo definito un ogm della politica, un organismo geneticamente mutato grazie all’innesto sulla vecchia cultura comunista o post comunista del ramo democratico-cristiano. Questo innesto non ha dato frutti copiosi né quantitativamente né qualitativamente e né poteva darli. Le culture politiche sono cose maledettamente serie, strutturate da decenni di elaborazioni di un pensiero politico e da anni di militanza di milioni di persone. Il mutare delle stagioni non annulla le radici di quelle culture ma si limita a modernizzarne le politiche rendendole più adeguate ai bisogni di una società. Tanto per capirci, il leader più riformatore del proprio partito negli ultimi venti anni è stato Tony Blair, ma il premier inglese non ha mai smesso di definirsi laburista salvando, così, la sua bussola culturale che non gli ha impedito di cambiare dal profondo le politiche perseguite. In Italia è avvenuto l’esatto contrario, in particolare nel Partito democratico, che ha messo in soffitta la cultura di origine comunista e socialista, ha tentato l’innesto democratico-cristiano e ha paurosamente sbandato, perché privo di bussola, tra vecchie pulsioni stataliste e compiacenze liberiste.

Tutto questo non poteva che determinare quelle crepe della nuova casa politica costruita, evangelicamente parlando, sulla sabbia dell’utopia della terza via piuttosto che sulla roccia di una tradizione antica e di una volontà modernizzatrice nelle nuove politiche da seguire. Ecco perché oggi quelle crepe cominciano a esser viste a occhio nudo anche da chi non è un esperto di “sismologia politica”. E come sempre capita quando un edificio comincia a preoccupare per la sua staticità, arrivano gli esperti, un po’ pompieri e un po’ costruttori di politica. Le sagome che ci appaiono all’orizzonte sono essenzialmente due, quelle di Fabrizio Barca e di Matteo Renzi, i figli “naturali” delle due culture di cui si è tentato il mixage alcuni anni or sono con i mediocri risultati ricordati.

Fabrizio Barca, dopo una esperienza di governo e dopo un lungo periodo trascorso ai vertici della Pubblica amministrazione, avverte con la sensibilità che si porta nel suo Dna (è figlio di Luciano Barca grande dirigente comunista non fondamentalista), che se dietro un governo e un’amministrazione non c’è una visione politica chiara frutto di elaborazione collegiale non si va da nessuna parte, e gli ultimi venti anni lo hanno ampiamente dimostrato. Di qui la sua convinzione di dedicarsi alla costruzione di un partito che riscopra in tutta la sua attualità un pensiero socialista sulla base del quale recuperare ogni frammento della sinistra, per farne un corpo unico, con politiche moderne all’altezza delle sfide che il Terzo millennio pone ai protagonisti politici, dall’economia reale alla finanza tracimante, da un welfare responsabile e sostenibile al ripristino di un ambiente capace di esaltare la natura e di non ucciderla.

Accanto a Fabrizio Barca si scorge l’altro costruttore di politica, quel Matteo Renzi cresciuto nel movimento giovanile democristiano e che ha giustamente rivendicato il suo popolarismo sul piano filosofico e politico. La sua capacità mediatica fondata sulla naturale forza della giovinezza e su un periodare corretto e fascinoso, se lo ha imposto a grandi masse popolari, rappresenta anche il veleno dal quale si deve guardare. Renzi, più di ogni altro, testimonia che il leader vero non è quello che ordina ma quello che convince, come insegnava Aldo Moro ai giovani dell’epoca, e rappresenterà il futuro della sua cultura che affonda le radici nel cattolicesimo politico solo se sarà capace di costruire, su basi solide, un gruppo dirigente che sappia vivere con entusiasmo una democratica collegialità, recuperando anche egli quella immensa ricchezza del cattolicesimo politico disperso tra mille inutili contenitori partitici. Renzi e Barca potranno essere domani alleati, come lo furono nel passato Moro e Nenni, ma non potranno mai continuare a essere parte di uno

stesso partito, pena l’allargamento delle crepe di quell’edificio costruito sulla sabbia. Per certi versi, il destino che sapranno costruirsi sarà anche il destino del nostro stremato paese.

di Paolo Cirino Pomicino, 12/4

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata