La gauche che elogiava le “coccole infantili” dei pedofili oggi processa Barbarin
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Da due settimane il cardinale è demonizzato dalla stampa di sinistra. Che in passato si comportò in modo ben diverso
di Giulio Meotti | 20 Marzo 2016 ore 06:18
"L’affaire Barbarin”, dal nome dell’arcivescovo di Lione accusato di coprire i casi di pedofilia, scuote i media francesi e non solo (anche il premier, Manuel Valls, ha attaccato il prelato). Sul magazine Causeur, Régis de Castelnau scrive che “c’è un linciaggio mediatico-giudiziario” e che “il cardinale Barbarin è preso in ostaggio in una battaglia contro la chiesa”. Jean-Pierre Denis, direttore del settimanale la Vie, parla di “resa dei conti con il cristianesimo”, in cui i media si atteggiano a “tribunale speciale”. L’accertamento dei fatti è appena iniziato, ma la sentenza Barbarin è già emessa. Il quotidiano Libération sbatte il cardinale in copertina (volto cinereo), aggiungendo editoriali e titoli cubitali sul “cristianesimo a geometria variabile”. “Ah, le silence”, castiga Christine Angot, mentre Philippe Besson denuncia la battaglia di Barbarin contro le nozze gay. “Ricordo il cardinale in prima linea durante le manifestazioni contro il matrimonio per tutti. Non esitava a ripetere che la sua preoccupazione era la protezione del bambino. Nel caso di pedofilia che scuote la diocesi di Lione, la famosa protezione dei bambini non era la sua prima preoccupazione”. E ancora: “Ricordo Barbarin quando ci chiese di far suonare le campane delle chiese di Francia per i cristiani d’oriente. Ovviamente, i bambini violentati non hanno gridato abbastanza forte da essere ascoltati”.
ARTICOLI CORRELATI Barbarin, cardinale alla gogna Caso Pell, le vittime degli abusi alzano il tiro e attaccano il Papa Strane coincidenze nella nuova strategia comunicativa del Vaticano Da due settimane, Barbarin è demonizzato così da Libération. “Abbiamo il diritto di chiedere se la chiesa cattolica pulisce le sue stalle di Augia”. Libération soffre di amnesia o si prende gioco dei lettori? Come scrive la giornalista del Figaro Eugénie Bastié, “è la condanna della pedofilia da parte di Libération a essere a geometria variabile”. Non è la stessa Libération che nel 1979 elogiava la pedofilia “volta a spezzare la tirannia borghese” e che tesseva lodi sperticate a Jacques Dugué, pedofilo condannato, “per la sua franchezza sulla sodomia”? Non è lo stesso giornale che pubblicò l’articolo “Apprenons l’amour à nos enfants”, con tanto di foto di una fellatio adolescenziale a un adulto? Non è la stessa Libération che nel 1981 pubblicava l’articolo “Câlins enfantins” (coccole infantili), in cui un pedofilo indulgeva raccontando del sesso con i bambini? Una storia mai messa in discussione da parte degli stessi che avrebbero continuato a occupare le più alte cariche nei media e a fornire a tutti le loro verità assolute, come se nulla fosse accaduto. Barbarin è “processato” anche dal Monde, che parla di “compiacenza colpevole della chiesa” e di “congiura del silenzio”. Era il 26 gennaio 1977 quando il Monde chiedeva di abbassare la maggiore età sessuale ai dodicenni.
Firmarono tutti: il poeta Aragon, il semiologo Barthes, il filosofo Althusser, Deleuze e Guattari, la psicologa Françoise Dolto, Sartre e Simone de Beauvoir. E nei giorni scorsi non poteva mancare su Barbarin Daniel Cohn-Bendit, invitato su iTelé a parlare del “grand decryptage” e del cardinale. Quel “Dany le Rouge” che nel libro “Le Grand Bazar” racconta di quando faceva l’educatore in una scuola materna di Francoforte: “Mi è successo più volte che alcuni bambini mi abbiano aperto la patta dei pantaloni e abbiano iniziato ad accarezzarmi”. Una provocazione letteraria, dirà Cohn-Bendit. E quando nel 2001 scoppiò il suo caso, Libération denunciò il “processo stalinista” contro il sessantottino. Ma quanto è confortevole la doppia morale in cui si decide cosa va in prescrizione. Chi è il pedofilo? Chi è compiacente?
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