Israele, stato in guerra e felice
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Dopo i paesi europei, spicca lo stato ebraico nella classifica mondiale
di Redazione | 19 Marzo 2016 ore 06:06 Foglio
La Danimarca è tornata in testa alla lista del World Happiness Report. I primi dieci sono paesi welferisti, pacificati, solidali, ricchi, paesi sterili e felici. La lista “stona” quando si arriva all’undicesimo posto. Ci trovi un paese da settant’anni in guerra, il simbolo stesso del terrore agli occhi di tanti occidentali: lo stato di Israele. Israele? Sì, un paese felicissimo. Un recente sondaggio rileva che il 93 per cento degli israeliani è orgoglioso di esserlo. Israele ha un tasso di fecondità di 2,65, che ne fa l’unico paese avanzato a essere in grado di compensare il ricambio. Durante la recessione globale del 2008-2012, Israele ha avuto una crescita del 14,5 per cento del pil, che ne ha fatto il più alto tasso di crescita economica dell’area Ocse. Israele produce premi Nobel, arte, cultura, start-up, scienza.
L’ultimo paese del World Happiness Report confina con Israele: è la Siria. E lo stato ebraico fa meglio di quasi tutti i paesi europei, che non conoscono conflitti dalla Seconda guerra mondiale. In Israele si ha sempre il timore di essere scannati d’un tratto, all’improvviso. Eppure, Israele è un paese felice. E’ questo il mistero di quella che Giuseppe Saragat ebbe a definire “la sopravvivenza di Israele” dopo la guerra dello Yom Kippur? Non esiste moto di progresso nella storia della civiltà occidentale che non abbia come base l’armonia tra spirito e ragione. Forse è questo il segreto di Israele. Il paradosso di un paese minuscolo, sorto e sopravvissuto contro ogni legge della logica e della storia, mescolando modernità e tradizione, in nome di un amore per la vita che, come indica quell’undicesimo posto, ci indica l’abisso che lo separa da chi ama la morte.
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