Lula, eclissi di un leggendario sindacalista, presidente e profeta. Auguri
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Lula aveva le physique du rôle. Una faccia aperta, umanistica e profetica, con barba, occhi lucenti, sguardo vissuto, alcolico, e un messaggio di amicizia fraterna e di paternità per tutti al di là delle frontiere della politica. Dovunque andasse, seduceva tutti. Poi qualcosa è andato storto
di Giuliano Ferrara | 07 Marzo 2016 Foglio
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Ricordo il vecchio e amabile Pietro Ingrao che fantasticava soavemente su Lula, il sindacalista brasiliano del partito dei lavoratori divenuto presidente. Una mia deliziosa cugina, che vive in Brasile da quarant’anni, aveva dedicato a Lula il suo cuore di brasiliana adottiva, di donna di sinistra, e ne parlava come si parla di un secondo padre. A Otto e mezzo, in tv, passavano i testimonial della grande rivoluzione popolare strabordante speranze e futuro. Lula da Silva è stato il simbolo del riscatto, della lotta coraggiosa a fianco dei diseredati, dell’ascesa al potere che non tradisce le premesse in un paese grande e tormentato dalle oligarchie, dalle corporation e dai mille esplosivi giochi di potere sullo sviluppo, sulle materie prime, su una crescita impetuosa dopo decenni di paurosa arretratezza, di miseria diffusa, di dittatura militare eccetera. Sappiamo tutto, secondo lo schema convenzionale: in Brasile c’è sempre tanta allegria, tanto ritmo, tanta samba, tanto sesso gioioso, tanto carnevale, ma non è che se ne vedessero bene i motivi, in mezzo alla miseria e alla violenza della miseria.
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Lula aveva le physique du rôle. Una faccia aperta, umanistica e profetica, con barba, occhi lucenti, sguardo vissuto, alcolico, e un messaggio di amicizia fraterna e di paternità per tutti al di là delle frontiere della politica, al di là delle stesse leggi della politica. Niente di crudo gli si poteva attribuire, niente di strumentale e di machiavellico: era la reincarnazione, dopo le tante illusioni e delusioni del castrismo, del caudillismo socialista, gaio, danzante, utopistico e vincente dell’America Latina. Una specie di Francesco a dimensione civile, ovviamente, e nazionale. Dovunque andasse, seduceva tutti. L’uomo di stato venuto dal popolo e per il popolo era un pegno di innocenza vittoriosa, di felicità politica a portata di mano.
Poi qualcosa è andato storto. Il suo governo tra il 2002 e il 2010 sembrò incline a fare e a far fare affari a strafottere, ad accompagnare la crescita vertiginosa del paese con tecnocrazie e metodiche capitalistiche diverse dalla leggenda sindacalista del potere di tutti e per tutti i lavoratori. Intorno alla crescita esponenziale del gigante petrolifero di stato, Petrobras, alla cui testa Lula aveva messo la pupilla dei suoi occhi poi suo successore alla presidenza, Dilma Rousseff, si cominciò a sentire aria di ricchezza opaca, di scambio improprio, di corruzione. Lula superò gli ostacoli, anche giudiziari, la croce toccò alla Dilma dopo il 2010, ma adesso il profeta è stato riacciuffato, per di più in termini personali, con inchieste e scrutinio della sua ricchezza privata, dallo scandalo, che non è una di quelle scemenze da quattro soldi che hanno eccitato grillini e casaleggi, è uno scandalo vero cifrato a molte decine di miliardi di dollari.
Perquisito, fermato, interrogato forzosamente, impegnato a denunciare la politicizzazione “a orologeria” dell’attacco di magistrati che indagano da anni, difeso dai suoi fan e aggredito in piazza dagli oppositori, Lula, che vorrebbe rimpiazzare alla presidenza fra due anni, alla Putin, la sua Rousseff, posto che ce la faccia a finire il mandato, è stato trascinato come si dice nel fango. Gli auguriamo che se ne ripulisca, che ce la faccia, che possa correre e, speriamo, stavolta perdere alle elezioni. Ma sono auguri che devono procedere non dalla sua innocenza, ché il potere se Dio vuole non è mai innocente, bensì dal suo diritto a un equo processo, a indagini senza macchia e senza gogna pubblica. Non è quella l’aria, e i quattrini, purché non vadano ai tuoi avversari, purché non manchino al momento giusto, in politica sono come la circolazione del sangue, consentono al corpo di funzionare e alle sue cellule di rinnovarsi, altro che balle sulla corruzione. E’ in nome del garantismo e della Realpolitik, cose lontane dalle sensibilità utopistiche dell’angelismo di sinistra, che si devono fare gli auguri al simbolo abbattuto del potere incorruttibile de los trabajadores.
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COMMENTO
Moreno Lupi • 16 ore fa
Al direttore, "Lula aveva le physique du rôle. Una faccia aperta, umanistica e profetica, con barba, occhi lucenti, sguardo vissuto, alcolico, e un messaggio di amicizia fraterna e di paternità per tutti al di là delle frontiere della politica, al di là delle stesse leggi della politica". Esatto: sono le caratteristiche indispensabili per seminare utopie, suscitare sogni e desideri, e acquisire potere. I nodo, com'è bello far finta non ci sia, è che l'uomo, dal Polo Nord a Polo Sud, non ha gli strumenti nativi e acquisiti, culturali, politici e ... morali per resistere alle sirene, per porsi la domanda se tutto quel ben di Dio che viene promesso, sia fattibile e sostenibile. Mi spiego meglio, ovvio che quelle valutazioni non possano essere fatte dalle masse, dai greggi, dai seguaci, dai militanti, ma dai physique du rôle , sì. Sed non expdit. Lo so bene, sognare è insopprimibile, è la luce della vita, è umano. Però poi, inesorabilmente suona la sveglia. Il risveglio è brusco, doloroso. Beh, ci difendiamo tacitandola e riprendendo a sognare/desiderare. Altri physique du rôle, sono lì pronti . E noi ci ricaschiamo, complici o interessati, conniventi o opportunistici. E' sempre stato così. Ed è bene che sia così. A tutti i “sognatori”: “Provate ad immaginare un mondo di uguali, di buoni, di onesti, equo e solidale, bene, se lo avete immaginato avrete chiaro cosa significhi “la fine del mondo”.