Sfiducia alle frontiere
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Non solo economia. Ora è l'immigrazione a terremotare solidarietà e regole europee. Berlino ha un “piano B” per Schengen che serve a mettere in riga Roma. Parlano analisti e parlamentari tedeschi
di Marco Valerio Lo Prete | 10 Febbraio 2016 o
Roma. “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”, scriveva Alessandro Manzoni. Chi guarda l’Eurozona dall’esterno ragiona allo stesso modo sulla “fiducia” reciproca tra gli stati membri. Era già successo dopo l’autunno 2009 in cui l’allora neo premier greco Papandreou svelò che i conti pubblici di Atene erano meno sostenibili di quanto appariva sulla carta. Da quel momento, secondo una lettura cara all’attuale ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan, è iniziata una faticosa rincorsa a ristabilire la fiducia persa, specie sulla direttrice con Berlino.
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Anche l’Italia, in quest’ottica, avrebbe fatto il suo: perdendo la fiducia altrui (2011) e poi riconquistandola lentamente. Nel 2015, i sei mesi di passione post elezione di Alexis Tsipras hanno rischiato di azzerare tutto, anzi per qualcuno lo hanno fatto. Nell’anno di grazia 2016, la carenza di vitamina “fiducia” inizia a manifestarsi di nuovo; questa volta su un dossier non meramente economico ma sulla gestione dell’immigrazione e delle frontiere statuali. Sul punto Berlino e Roma, dalla prossima primavera, potrebbero trovarsi di nuovo agli antipodi. Palazzo Chigi ne è consapevole, e così si spiegano le parole di ieri del presidente del Consiglio, Matteo Renzi: “Sono sicuro che quello dei migranti sarà il tema chiave per l’Europa nei prossimi 12 mesi”, ha detto all’agenzia finanziaria Bloomberg. Da qui ad adottare una strategia conseguente, però, il passo non è breve. Ciò che chiede in maniera sempre più pressante la Germania emerge dalle parole e dalle azioni dei suoi leader.
Secondo Daniel Thym, professore di Diritto europeo e comparato all’Università di Costanza, questo è il “piano A” della cancelliera Angela Merkel: una gestione efficace e di tipo europeo dei flussi di immigrati. Le dichiarazioni e i piani congiunti approvati dal Consiglio Ue, perlopiù successivi all’afflusso record di oltre un milione di rifugiati in Germania, ne costituiscono la facciata formale; puntellata poi da un lavorìo diplomatico sempre più intenso fuori dall’Ue, specie con la Turchia. Il “piano A” passa per il necessario rafforzamento delle frontiere esterne dell’Ue. Per l’Italia e la Grecia, il piano ha quindi le sembianze degli ormai noti “hotspots”: centri in cui identificare tutti gli arrivati, registrare le loro richieste ed esaminarle, garantire accoglienza per mesi o procedere al respingimento, il tutto in cambio di assistenza di Frontex, Easo, Europol e Eurojust – in alcune fasi della trafila – e di ricollocamenti parziali dei soli rifugiati in altri paesi europei. Il “piano A” però non decolla. Secondo Bruxelles e Berlino, ancora non ci si può fidare della collaborazione di paesi come l’Italia e la Grecia.
Si fa avanti dunque un “piano B”, tedesco più che paneuropeo. Indirizzato innanzitutto a coloro che, al momento, si ostinano a indicare altre priorità di intervento di Bruxelles. Ieri il ministro degli Esteri tedesco, il socialdemocratico Steinmeier, ha risposto così al Corriere della Sera che gli chiedeva conto delle rimostranze italiane a proposito di “politica di bilancio e progetti energetici”: “Oggi la nostra priorità più alta è la crisi dei rifugiati, dove i nostri paesi si battono insieme per una soluzione europea”, ha tagliato corto prima di incontrare a Roma il collega Paolo Gentiloni. Due giorni fa, intervenendo alla Camera dei deputati su invito del Pd, il capogruppo parlamentare dell’Spd Thomas Oppermann era andato oltre: “Un milione e mezzo di rifugiati in 10 mesi non dovrebbero essere un problema per 500 milioni di europei. Lo diventano se il 90 per cento di questi rifugiati si concentra solo in Germania, Svezia e Austria”. Per il governo Merkel, “se non c’è solidarietà si chiuderanno le nostre frontiere – ha detto Oppermann – Assisteremmo poi a una crisi umanitaria in Slovenia, Croazia…”. E, a partire dalla primavera, in Italia, se dovessero riprendere gli sbarchi di immigrati ai ritmi dello scorso anno. Posizione difficile, per Roma: il “piano A” di Merkel è oneroso e visto con sospetto specie al Viminale; il “piano B”, quello che scatterà se si volatilizzasse la fiducia, è oneroso e anche un po’ ricattatorio.
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