L’arcivescovo di Aleppo contro i presuli europei: “Davanti alla minaccia islamista fanno i politicamente corretti”
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Mons. Jeanbart: “Tra lo Stato islamico e il governo, la scelta è ovvia. Non vogliamo una teocrazia sunnita. Dovete aprire gli occhi”
di Matteo Matzuzzi | 10 Febbraio 2016 ore 06:20
Roma. L’arcivescovo greco-melkita cattolico di Aleppo, mons. Jean-Clément Jeanbart, ha scelto l’uditorio di Nancy, in Francia, per biasimare il silenzio dei vescovi europei dinanzi alla persecuzione dei cristiani in corso nel vicino oriente. Invitato nei giorni scorsi a intervenire a un evento organizzato dalla sezione locale della fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre”, a precisa domanda sul comportamento dei presuli d’oltralpe su quanto sta accadendo in Siria e Iraq, Jeanbart ha detto che “se la Conferenza episcopale francese si fosse fidata di più di noi, sarebbe stata meglio informata. Perché i vostri vescovi stanno in silenzio su una minaccia che oggi riguarda anche voi?”. La risposta è semplice, ha proseguito il presule di Aleppo: “Perché i vescovi fanno i politicamente corretti. Ma Gesù non è mai stato politicamente corretto! La responsabilità di un vescovo è di insegnare, di usare la propria influenza per trasmettere la verità. Perché i vostri vescovi hanno paura di parlare? Certamente sarebbero criticati, ma avrebbero l’opportunità di difendere se stessi e questa verità. Dobbiamo ricordare che il silenzio, a volte, è segno di acquiescenza”.
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Mons. Jeanbart ha ricostruito i cinque anni di guerra intestina che hanno devastato Aleppo, seconda città per importanza della Siria e snodo vitale di commerci e traffici finanziari del paese, accusando i media occidentali di aver presentato all’opinione pubblica europea solo le tesi e i dati dell’Osservatorio siriano per i diritti umani: “Voi dovete capire che tra lo Stato islamico e il governo siriano la nostra scelta è ovvia. Potete condannare il regime per alcuni comportamenti, ma non avete mai tentato di essere obiettivi”. Un esempio lo fornisce poco dopo: “L’occidente ha sempre coperto i misfatti delle forze di opposizione, mentre non fa altro che condannare il governo siriano e il suo presidente. Ricordatevi – ha aggiunto – che se noi preferiamo sostenere il governo è perché temiamo l’instaurarsi di una teocrazia sunnita che potrebbe privarci del diritto di vivere nelle nostre terre”. Nessuno, ha sottolineato l’arcivescovo melkita, può arrogarsi la facoltà di dire chi può (o no) stare sulla Terra, neppure “Laurent Fabius, che si ritiene Dio Padre per poter decidere chi merita di vivere su questo pianeta” (a giudizio del ministro degli Esteri francese, Bashar el Assad non se lo merita, ndr).
Le parole di mons. Jeanbart rendono palese, ancora una volta, la spaccatura profonda che c’è tra il clero del vicino oriente e quello occidentale a proposito della denuncia e delle conseguenti risposte da dare all’avanzata delle milizie califfali tra la Siria e l’Iraq. Solo un paio di settimane fa, il Patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, lamentava – rispondendo a una domanda di questo giornale – il “poco coraggio” manifestato da “qualche uomo occidentale, civile o ecclesiastico” nel denunciare il “genocidio in atto”. Il fatto che il presule di Aleppo abbia attaccato la Conferenza episcopale francese fa ancora più rumore, se si considera che uno dei suoi principali esponenti, il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, era stato il primo presule occidentale a recarsi – nell’estate del 2014 – a Erbil, in Kurdistan, portando solidarietà ai profughi costretti ad abbandonare le proprie case e i propri beni nelle città e nei villaggi della piana di Ninive. Mons. Jeanbart ha criticato apertamente anche le politiche migratorie adottate dai paesi europei: “Aprite gli occhi, non avete visto cosa è accaduto a Parigi?”, ha detto prima di chiedere aiuto: “Non posso stare a guardare mentre le nostre chiese bimillenarie scompaiono. Preferisco morire che vedere ciò”.
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