UN’EUROPA ALLO SBANDO IN BALÌA DI NEMICI E (EX) ALLEATI

In tale contesto non ha risparmiato giudizi poco lusinghieri e discutibili nei confronti dell’Unione Europea, che non viene mai riconosciuta come un’unica entità politica o come partner paritetico.

di Luciano Piacentini2 dicembre 2015, pubblicato in Commentie Claudio Masci- AD

Nel mese di febbraio scorso George Friedman (fondatore del Centro di Analisi Strategiche “Stratfor”, docente presso l’US Army War College, analista alla National Defense University e alla Rand Corporation) in un suo intervento presso il Chicago Council on Global Affairs, ha espresso con estrema franchezza la sua opinione in ordine alla strategia che gli USA dovranno seguire nel prossimo futuro se vorranno continuare a mantenere il predominio mondiale. In tale contesto non ha risparmiato giudizi poco lusinghieri e discutibili nei confronti dell’Unione Europea, che non viene mai riconosciuta come un’unica entità politica o come partner paritetico.

Anzi la considera solo come un “ammasso” di Stati, ciascuno con proprie caratteristiche, proprie ambizioni, propri differenti interessi nazionali divergenti che presto o tardi torneranno a provocare guerre.

Ha aggiunto, inoltre, che l’estremismo islamico, anche se è un problema, non costituisce una minaccia seria per gli Sati Uniti perché prima o poi finirà. Nel merito gli USA cercano di finanziare le opposte fazioni per metterle le une contro le altre e farle scontrare destabilizzandone il territorio, come avvenuto in Iraq ed in Afghanistan. Qui ammette, però, che per ingenua stupidità, è stato commesso l’errore di voler edificare una democrazia.

Ha concluso sostenendo che l’unico vero problema per gli Stati Uniti è la rinata potenza economica e militare russa che, qualora riuscisse a realizzare un asse d’intesa con la Germania, sarebbe davvero perniciosa per oltre oceano. Nel merito, facendo specifico riferimento alla questione ucraina ha dichiarato:

“La questione sul tavolo per i Russi è: si creerà una zona cuscinetto, una zona neutra? O l’Occidente penetrerà così in profondità nell’Ucraina che si troverà a 100 chilometri da Stalingrado e a 500 km da Mosca?”. Per la Russia la situazione ucraina è una minaccia alla sua stessa esistenza. E i Russi non possono lasciar fare! Per gli USA, nel caso che la Russia si impadronisca dell’Ucraina, il punto è: si fermeranno lì? Dunque, non è un caso che il generale Hodges parli di pre-posizionamento di truppe in Romania, Bulgaria, Polonia e nei Paesi Baltici. Si tratta di una Federatio intermarium, dal Mar Nero fino al Baltico, sognata da Pilsudski. Questa è la soluzione per gli USA. Il tema per il quale non abbiamo la risposta è: che cosa farà la Germania?

La vera incognita in Europa è rappresentata dal fatto che mentre gli USA costruiscono il loro “cordone sanitario”, non in Ucraina ma ad ovest di essa, e mentre i Russi cercano di escogitare un modo per far leva sugli ucraini, noi non conosciamo la posizione del tutto particolare della Germania.

Il suo ex cancelliere, Gerhard Schroeder, fa parte del Consiglio di Amministrazione della Gazprom e in Germania hanno una relazione molto complessa con i Russi. Per gli USA la paura più forte è data dal capitale russo-tedesco, dalla tecnologia russo-tedesca, che assieme alle risorse naturali e alla manodopera russa rappresentano l’unica combinazione che da secoli spaventa gli Stati Uniti. Come andrà a finire?

Gli USA hanno già messo le carte in tavola: si tratta del “corridoio” dal Baltico al Mar Nero. Per quanto riguarda i Russi, le loro carte sono da sempre sul tavolo: come minimo devono avere un’Ucraina neutrale, certo non un’Ucraina filo-occidentale. .Tuttavia, purtroppo, i Tedeschi non hanno ancora preso una decisione e questo è, da sempre, il problema della Germania: avere un’economia molto potente, una geopolitica molto fragile e non sapere mai quanto occorra per riconciliarle entrambe. Fin dal 1871, questo è stato il problema tedesco.

Pensate attentamente a questo problema, perché si sta ripresentando ora. E’ questo il prossimo problema che dobbiamo sistemare”

Una rapida sintesi delle enunciazioni di Friedman, induce a sottolineare che:

a.    l’Europa non esiste né come partner né come realtà politica, ma è solo un’aggregazione di Stati con interessi contrastanti;

b.    la Germania sta dimostrando di essere un colosso economico ma un nano politico;

c.    l’eventuale intesa strategica “Russia – Germania” può minacciare il dominio americano;

d.    il momento è propizio per ricorrere alla russofobia dei Paesi dell’est europeo e realizzare un “cordone sanitario” fra Mar NeroO e Baltico senza coinvolgere la NATO;

e.    la destabilizzazione deve diventare la strategia principale delle operazioni USA all’estero secondo l’assioma: Destabilizzato = “Mission accomplished” e tornare a casa.

Non era necessario che qualcuno dall’estero venisse a dirci che la chimera dell’Unione Europea non esiste perché abbiamo costatato da soli che:

a.    l’inizio del sogno europeo è stato ben presto infranto da un “guardiano” anglo-sassone messo sulla sua porta continentale che ha ostacolato ogni tentativo di compattazione politica auspicata nel Trattato di Roma del 1957, tant’è che ancora non esiste un’unione monetaria perfetta (la Sterlina va ancora per conto suo) né una Banca Centrale Europea;

b.    la crisi economica, che ha investito l’area europea nel 2008, è stata esportata (ma sarebbe meglio dire inoculata -Panorama: ”L’euro stangata” del 11/03/2010) nella Comunità Europea, per evitare un rafforzamento della UE nel settore economico: appariva chiaro il pericolo di una possibile sostituzione dell’Euro al Dollaro, nelle transazioni commerciali.In tale contesto, la Grecia è stata oggetto di mercanteggiamenti per evitarne il default del debito sovrano, tenendo a guinzaglio gli interventi del Fondo Monetario Internazionale e spremendo al massimo gli aiuti degli Stati membri dell’Unione. La crisi, che ancora perdura, si sta attenuando solo ora che si è quasi raggiunta la parità Dollaro/Euro;

c.    l’Italia, è stata abbandonata a sè stessa per fronteggiare sia la crisi libica, peraltro accelerata da interessi petroliferi di partner europei, sia gli sbarchi di una marea di profughi, i cui flussi si sono poi in buona parte riversati sull’Est europeo. Qui sono state innalzate disumane barricate di fronte all’invasione terrestre che prima giungeva via mare;

d.    il Mediterraneo è stato trascurato per anni, dimenticandone l’importanza geopolitica (Dicembre 2014: Centralità geopolitica del Mediterraneo – Analisi Difesa.), per ripercorrere con scarso successo e spargimento di sangue di vittime innocenti – anche nel “home ground” – i mai conosciuti sentieri del “Grande Gioco”. Poi, improvvisamente, l’area mediterranea è tornata di nuovo al centro dell’attenzione, ma anche questo rinato interesse è stato sprecato dal “ritorno della stupidità”. Si è cercato di influenzare i cambiamenti sulla sponda sud del Mediterraneo con “l’esportazione della democrazia” nell’illusoria speranza di neutralizzare gli estremismi jihadisti con aspirazioni governative di gruppi e partiti islamici ritenuti più “manovrabili” (Limes, 7 luglio 2014: “Metodo Belgrado”.). Riteniamo che la mancanza di un’approfondita conoscenza culturale di quell’area, ha provocato il fallimento delle primavere arabe incubate, la nascita di uno stato terrorista che ha inorridito l’opinione pubblica con le sue esecuzioni sanguinarie e l’esasperazione di una conflittualità religiosa fra sciiti e sunniti che dura da millenni e nella quale si è rimasti impantanati;

e.    la Russia, tanto esecrata e temuta, è tornata utile in questo momento per una soluzione radicale del mostruoso ed irrazionale stato islamico, le cui cellule embrionali, filiazioni di Al Qaeda in Iraq (22-11-2014: Più intelligence contro il Califfato- Analisi Difesa.), sono state inizialmente favorite per destabilizzare il regime siriano di Assad.

Ma a quanto pare tutto ciò non basta perché dopo i recenti attentati di Parigi è stato pubblicamente denunciato che l’ex ministro degli esteri saudita – il defunto principe Saud al-Faisal – nell’estate del 2014 avrebbe detto al segretario di Stato Usa John Kerry: «Daesh è la nostra risposta sunnita (20-11-2015: Le regie occulte dietro lo Stato Islamico – Analisi Difesa.) al vostro appoggio in Iraq agli sciiti dopo la caduta di Saddam».

Le dichiarazioni di Friedman, sopra riportate, unitamente a quelle del defunto principe, dovrebbero svegliare dal torpore coloro che finora hanno preferito eludere la realtà, lasciando ad altri la soluzione di problemi geo-economici e geopolitici, senza rendersi conto di abdicare alla salvaguardia dell’”interesse nazionale”, nell’illusoria speranza che il tecnicismo normativo dell’UE potesse almeno tutelarne una parte.

Costoro:

a.    sono rimasti a guardare il disegno incompiuto di un’Europa che avrebbe dovuto affrontare un’economia globale con unitaria competitività ed avrebbe dovuto esprimere, tramite i suoi ambasciatori di recente istituzione, la difesa del proprio “interesse nazionale” sui vari tavoli della strategia mondiale;

b.    hanno abdicato ad una capacità dell’UE di affermare il proprio interesse strategico e di individuare un “interesse nazionale” europeo da trasfondere in una dimensione sovranazionale, lasciando che questa funzione collettiva venisse esercitata solo da due prime donne: Francia e Germania. Le ataviche rivali, per soddisfare i rispettivi “interessi nazionali”, hanno esteso le rispettive proiezioni geo-economiche l’una verso sud, l’altra verso est, con gli strumenti dell’allargamento della NATO e delle rivoluzioni colorate, spingendosi fino in Ucraina e rimettendo in discussione i confini tracciati a Yalta.

Questo intento è stato pervicacemente perseguito a dispetto della saggezza storica e delle “lesson learned” della 2^ guerra mondiale, chiusa con il Trattato di Yalta, che avrebbero dovuto consigliare di non insistere su imprese smisurate, anche nella considerazione che l’interesse dell’UE non è certo quello di entrare in conflitto con la Russia. Cosicché la presenza di Paesi NATO alle porte di Mosca ha generato una reazione analoga a quella dell’installazione dei missili sovietici a Cuba nel 1962, provocando la crisi ucraina e l’invasione russa della Crimea con tutti gli strascichi che ne sono conseguiti. Tutto ciò, in termini economici, è costato ai contribuenti europei un miliardo ed ottocento milioni di Euro  oltre i danni incalcolabili provocati dall’embargo delle esportazioni verso la Russia;

c.    hanno consentito la diffusione di violenza e orrore su tutte le reti televisive nazionali, ivi comprese quelle dedicate a bambini e ragazzi, riproducendo programmi elaborati in paesi terzi che fondano la loro cultura su principi etici diversi, se non opposti ai nostri, che si ispirano all’etica laica greca ed a quella religiosa cristiana. L’assuefazione al “così fan tutti” non ci ha consentito di percepire che venivamo condizionati per essere predisposti ad accettare e giustificare comportamenti illeciti, disonesti, assurdi, incoerenti ed amorali;

d.    hanno sottovalutato l’aspetto dirompente del terrorismo che, sfruttando e utilizzando il bisogno, la povertà e l’emarginazione – che generano frustrazione e nichilismo inteso come sensazione generale di disperazione secondo la quale l’esistenza non ha alcuno scopo e, pertanto, non vi è necessità di norme, regole e leggi – spingono i giovani verso il baratro dell’irrazionale e del mostruoso, ammantandolo con vesti politiche laiche e religiose. Infatti, in tutte le condizioni di degrado e sottosviluppo, ivi comprese quelle sorte nelle periferie degli odierni grandi centri urbani, lo scontento per le misere condizioni di vita trova facile allettamento nelle lusinghe delle “sirene politiche”, chiamate ieri “avanguardie rivoluzionarie” e oggi “islamisti”.

Purtroppo le responsabilità della mancata unificazione e dei nefasti avvenimenti europei sono anche colpa nostra poiché nell’era della globalizzazione non abbiamo saputo leggere ed interpretare correttamente, attraverso l’Intelligence, che è lo strumento più internazionale che esista, gli eventi accaduti nel mondo. Avremmo dovuto comprendere che quel che succede a Kiev, a Damasco, a Il Cairo, a Tripoli, a Tunisi, ecc.  investe la responsabilità diretta dell’UE non perché queste aree siano parte dell’Unione, ma perché incidono sulla sua sicurezza.

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