E’ rimorto il falco liberal
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Distinguo, approcci cavillosi, cautela. A sinistra la guerra è tabù
di Paola Peduzzi | 17 Novembre 2015 ore 19:15 Foglio
Milano. François Hollande, presidente socialista francese, dichiara guerra allo Stato islamico, introduce misure legislative dure a difesa del suo paese, bombarda Raqqa e si posiziona come il più falco tra gli europei nella guerra al terrore – europei che gli hanno garantito ogni solidarietà possibile, ma che già sono atterriti di fronte al termine “guerra”. Una strategia condivisa contro lo Stato islamico non c’era e non c’è nemmeno adesso, ma nei distinguo ideologici e legali rischia di perdersi lo slancio d’unità invocato da Parigi. L’approccio “noi contro di loro” è già finito da tempo, complice la dottrina di Barack Obama, che la guerra al terrorismo l’ha fatta e la sta facendo, ma ha edulcorato i termini “per non ripetere gli errori del passato”, introducendo, e infine imponendo, quel metodo legalistico che ha ridotto una battaglia di idee a un manuale di quel che è legittimo o no fare. I falchi liberal si contano sulle dita di una mano, alcuni provano a rimettere al centro del dibattito il fatto banale, ma ora non più tanto, che gli attacchi di Parigi non sono una reazione a un’azione della Francia, ma che per gli islamisti il nemico è il nostro bonheur, indipendentemente da quel che facciamo. In compenso, se i falchi sono scomparsi, è tornata nelle sinistre una gran confusione.
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Il leader del Labour britannico, Jeremy Corbyn, ha insistito nelle settimane passate sul fatto che non avrebbe mai dato libertà di voto su un eventuale allargamento in Siria delle operazioni militari inglesi (si vota no e basta), ha dichiarato venerdì scorso che l’uccisione di Jihadi John da parte degli americani era buona, ma meglio certo sarebbe stato catturarlo e portarlo in tribunale, e dopo gli attacchi di Parigi ha detto che l’occidente “ha creato una situazione” che ha contribuito all’attentato – variazione sul tema ve-la-siete-cercata. Quando ha annunciato di voler partecipare all’evento natalizio del gruppo “Stop the war” e ha detto di non essere d’accordo con l’idea che i poliziotti abbiano licenza di uccidere se sono alle prese con un terrorista in città, all’interno del partito è scoppiata la rivolta. Pare che la cosa più carina, detta da un ministro del governo ombra, sia stata: Corbyn è “a fucking disaster”, e c’è già chi pensa che i suoi giorni siano contati. Anche se il suo pensiero – “ambivalente su questioni che dovrebbero essere chiarissime e pronto a cedere a un mix orrendo di bigottismo e di relativismo morale”, lo ha definito l’Economist – non è solitario, visto che ha appena preso il sopravvento all’interno del Labour inglese.
Anche i democratici americani stanno dando pessime prove di sé, e sì che dovrebbero essere galvanizzati dalle primarie in arrivo. Sul New Yorker, Ryan Lizza ha scritto che “nessun democratico ha una strategia contro lo Stato islamico”, ripercorrendo quel che è stato detto al dibattito in Iowa dai candidati alle primarie. Parlando di quel che ha causato l’ascesa dello Stato islamico Bernie Sanders – che il suo capo della comunicazione definì, in occasione della sua candidatura, un “pacifista” – ha compreso nella spiegazione i cambiamenti climatici, salvo poi riconquistare lucidità e dire, assieme a Martin O’Malley, che era stato il voto di Hillary Clinton in favore della guerra in Iraq a determinare il vuoto riempito dal Califfato. Né Sanders né O’Malley hanno definito un piano contro lo Stato islamico, nonostante le promesse, ma nemmeno Hillary, chiamata in causa molte volte essendo l’unica presidenziabile della compagnia, è riuscita a essere decisiva. Non soltanto ha proposto un vago coordinamento “con gli amici europei” per combattere il terrorismo, ma non ha citato l’“islam radicale”, finendo per dire che “questa non deve essere una battaglia dell’America”. Per uscire dai guai, due giorni fa, Hillary ha sfoderato la frase che disse George W. Bush nel 2001: “L’islam è pace”, come per dire: vedete?, lo diceva anche il più guerrafondaio di tutti. Ma la coperta che tira Hillary a nome dei liberal, quanto a chiarezza morale e strategica, è infinitamente corta.
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