Intelligence con i buchi
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La fuga della mente degli attacchi, i dati non condivisi e le frontiere esterne di Schengen scoperte
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di David Carretta | 18 Novembre 2015 ore 20:44 FoglioBruxelles. Abdelhamid Abaaoud è la dimostrazione che l’Unione europea non ha ancora imparato la lezione dell’11 settembre. I Patriot act nazionali, come quello annunciato da François Hollande con il prolungamento dello stato d’emergenza e la riforma della Costituzione, possono servire a prevenire alcuni attentati. Ma in un’Europa senza frontiere interne, fatta di stati sovrani che conservano gelosamente le loro informazioni di intelligence e politici che innalzano la privacy a valore fondamentale, la legione europea dello Stato islamico potrà continuare a colpire. Assenza di controlli alle frontiere esterne di Schengen, mancanza di cooperazione tra i servizi degli stati membri, stallo sulla creazione di una banca dati dei passeggeri sui voli europei: l’apparato antiterrorismo dell’Ue è pieno di falle che i jihadisti europei sanno sfruttare. Gli autori degli attacchi di Parigi sono riusciti a realizzare “l’Ue dei jihadisti, laddove l’Europa pena a dotarsi di una polizia e di un servizio di intelligence unificati”, spiega sul Monde il sociologo franco-iraniano Farhad Khosrokhavar.
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Le autorità francesi ieri hanno dato la caccia ad Abdelhamid Abaaoud, considerato la mente degli attacchi di Parigi, con un blitz in un appartamento di Saint-Denis, durante il quale una donna si è fatta esplodere e sette persone sono state fermate. Il procuratore di Parigi, François Molins, ha detto che non è tra gli arrestati, ma secondo diverse fonti sarebbe stato ucciso nel raid. E’ però il percorso di Abaaoud prima del 13 novembre a mostrare il fallimento dell’Ue. Figlio di un commerciante di Molenbeek, studente del prestigioso Collège Saint-Pierre – i jihadisti vengono spesso dalla borghesia musulmana – Abaaoud era partito per la Siria all’inizio del 2013 per combattere nello Stato islamico con il nome di battaglia di Abou Omar al Soussi. Da allora è più volte tornato in Europa, senza essere fermato alle frontiere interne ed esterne di Schengen, malgrado fosse il ricercato numero uno delle autorità belghe almeno dal gennaio di quest’anno.
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